“La speranza è il motore dei soccorsi”, affermava giovedì sera il Capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, in un clima già predisposto al peggio e senza grosse speranze di trovare superstiti all’interno dell’Hotel Rigopiano a Farindola (Pescara). Quella speranza è divenuta realtà alle 11 di ieri mattina. Inaspettatamente. Quando i Vigili del Fuoco hanno estratto dai resti dell’albergo, travolto da una slavina i primi superstiti. Non si sentiva nessuna voce e il ritrovamento è stato possibile grazie ai cani.
Soccorso infinito – Il bilancio provvisorio parla di 11 superstiti. Due estratti ieri mattina, altre tre nel pomeriggio e tre durante la notte. Che si aggiungono ai due che non si trovavano all’interno dell’albergo ma erano nelle vicinanze e hanno dato l’allarme. Mentre una persona è stata individuata ma è ancora da tirar fuori. Le ricerche proseguono senza sosta, visto che al momento del disastro nell’albergo Rigopiano sarebbero state presenti 35 persone (24 ospiti e 11 dello staff). Le prime persone estratte dalla macerie si trovano in buone condizioni, come hanno confermato i primi accertamenti all’ospedale di Pescara. Alcuni dei superstiti si trovavano nella zona delle cucine sotto un solaio. In serata i Vigili del Fuoco hanno estratto vivi tre bambini. Gli altri superstiti sono la moglie e il figlio di Giampiero Parete, il primo superstite della slavina che si era salvato perché era andato in macchina a prendere dei medicinali per la moglie. Tra i tre bambini tratti in salvo c’è anche l’altra figlia di Parete, Ludovica. A chi ha ritrovato la gioia e il sorriso, fa da contraltare l’angoscia dei familiari delle persone ancora intrappolate, non si sa in che condizioni sotto le macerie di quello che era un vero e proprio gioiellino immerso nella dorsale pescarese del Gran Sasso. Si trovano a Penne, in provincia di Pescara, e insieme a loro ci sono i volontari dell’associazione onlus ‘Psicologi per i popoli’ che assistono i familiari di persone che si trovano ad affrontare traumi improvvisi. Una tensione diventata contestazione durante la conferenza stampa sulla situazione medica dei superstiti ricoverati a Pescara. I familiari hanno urlato pretendendo informazioni sui loro congiunti. “Sono sotto otto metri di neve e sono 50 ore che aspettiamo. Vergogna”, hanno gridato. Il personale sanitario ha cercato di tranquillizzarli, spiegando che gli operatori conoscono solo i nomi delle persone già arrivate in ospedale. “Ci sono famiglie, genitori di ragazzi, le vittime sono in gran parte giovani – racconta Vincenzo Di Giovanni, anestesista del pronto soccorso – Finché non avranno notizie definitive la loro ansia resterà tremenda”. Un’infermiera riferisce a qualcuno al telefono di urla, pianti e molto nervosismo nella sala dei parenti.
L’inchiesta – La Procura di Pescara, intanto, ha aperto un fascicolo per omicidio colposo. Il procuratore Cristina Tedeschini ha spiegato che il dovere di chi indaga “è fornire una ricostruzione che sia più accurata possibile. Ci si deve chiedere se quelle persone dovevano essere lì quando è avvenuta la valanga? Quell’albergo, in quel dato momento storico, doveva essere aperto? Quella struttura poteva stare lì? Se le persone ad un certo punto volevano andare via, cosa ha impedito che ciò avvenisse? E più in generale: quanto avvenuto, è stato determinato da condotte umane riprovevoli, di tipo omissivo, imprudente o imperito?”. Ma non basta. Altro interrogativo riguarda la questione dei soccorsi, tema necessario a capire se effettivamente ci sono stati ritardi o meno. Ma intanto un’altra sera è trascorsa. Tra un saliscendi di emozioni. I pochi familiari dei dispersi che escono appaiono affranti e con poca voglia di parlare. Con meno speranze man mano che passano le ore. Ma la ricerca, estenuante ed eroica, non è ancora finita. I miracoli chissà.