Julian Assange sembrava essere intenzionato a mantenere la parola: il fondatore di WikiLeaks aveva chiesto la grazia di Bradley/Chelsea Manning in cambio della sua estradizione negli Stati Uniti. E a distanza di qualche ora, il presidente americano, Barack Obama, ha annunciato la liberazione di Manning entro maggio. “Tutto ciò che ha detto, lo manterrà”, ha commentato in un primo momento Melinda Taylor, legale di Assange. L’hacker giornalista “è fiducioso di poter avere giustizia in un processo equo negli Stati Uniti”, ha aggiunto l’avvocato. Una tesi rafforzata da un altro avvocato, Barry Pollak: “Il Dipartimento di Giustizia non dovrebbe perseguirlo per il fatto che ha pubblicato informazioni veritiere e dovrebbe immediatamente chiudere l’inchiesta penale su di lui”.
Tuttavia, il diretto interessato prima non si è pronunciato, poi ha ritrattato. E, ora, ha detto che la grazia a Manning non basta. Assange, insomma, non si consegnerà agli Stati Uniti. “Grazie a tutti voi che avete sostenuto la campagna per la grazia di Chelsea Manning. Il vostro coraggio e determinazione hanno reso possibile l’impossibile”, ha semplicemente commentato dopo la svolta decisa dalla Casa Bianca. Julian Assange, dal giugno 2012, è rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, scappando al mandato di arresto spiccato in Svezia per violenza sessuale. Da allora il fondatore di WikiLeaks è gradualmente sparito dalle scene, salvo qualche intervista. Poi c’è stata la clamorosa presa di posizione con la richiesta della grazie alla sua fonte, in cambio del suo sacrificio.