Con la vittoria del No al referendum costituzionale, i dipendenti del Consiglio nazionale per l’economia e il lavoro (Cnel) speravano di poter mettere da parte gli scatoloni e restare comodamente nella sfarzosa sede di Villa Lubin nel cuore di Roma. E, invece, presto saranno costretti ad abbandonare la prestigiosa palazzina neobarocca costruita agli inizi del ‘900 a Villa Borghese per lasciare spazio al Consiglio superiore della magistratura. L’avviso di sfratto è arrivato ieri direttamente dal vicepresidente del Csm Giovanni Legnini nel corso dell’ultima assemblea dell’anno in cui ha annunciato che entro il mese di febbraio, al massimo, il Plenum del Consiglio deciderà se traslocare dalla storica sede di Palazzo dei Marescialli. Più formalità che altro, visto che il destino sembra tracciato.
Il colpaccio – L’iter sta procedendo spedito come confermato a La Notizia dall’Agenzia del Demanio che ha il compito di provvedere ai fabbisogni allocativi delle amministrazioni statali. L’avvicendamento a Villa Lubin sarebbe quindi giustificato dall’obiettivo dell’ottimizzazione degli spazi e al contenimento dei costi della spesa pubblica. Proprio per questo l’Agenzia starebbe spingendo sull’acceleratore. “Non esiste alcun vincolo affinché il Cnel continui a esercitare le sue attività in quella sede”, ha affermato Legnini andando dritto al punto, “ho già informato il Capo dello Stato”. Consiglio superiore della magistratura che mette sul piatto investimenti per 18 milioni di euro da destinare al cambio di sede. Soldi che sarebbero il frutto degli avanzi di amministrazione degli anni passati. Questo è il quadro illustrato da Legnini con il bilancio di previsione dell’esercizio finanziario per il prossimo anno. C’è poco da fare quindi per il Cnel presieduto da Delio Napoleone, che è stato sì graziato dalla mancata riforma, ma sembra proprio che a breve giro dovrà abbandonare, seppur a malincuore, la sede che occupa ormai dal lontano 1958. A poco è servito il frenetico lavorio degli ultimi giorni per conservare la Villa ideata dall’architetto Pompeo Passerini. Nei primi giorni post-referendum non sono di certo passati inosservati gli incontri avuti dai vertici del Cnel con i presidenti di Camera e Senato. E la diffusione di un intervento della Presidenza e del Segretario generale finalizzato a coinvolgere “le massime Istituzioni della Repubblica per modificare la mission del Cnel regolata ormai da una legge del 1986 ritenuta superata”. Il presidente Napoleone e il suo vice Gian Paolo Gualaccini hanno così provato a rispondere alle accuse di chi li ritiene poco produttivi rilanciando il proprio impegno per “ripristinare la massima operatività del Consiglio”. Una sveglia suonata troppo tardi, forse, per un organo che dalla sua istituzione (1957, ndr) a oggi, secondo i dati raccolti da Openpolis, ha elaborato soltanto 970 documenti, di cui 14 disegni di legge e 96 pareri. Tanto da non meritare più la sfarzosa sede di Villa Lubin.