Era tutto pronto per il flash mob su Mps a Siena dove ieri erano attesi i parlamentari Cinque stelle. Prima della retromarcia obbligata. Dalla cronaca: l’arresto, con l’accusa di corruzione, di Raffaele Marra, il fedelissimo della sindaca Virginia Raggi, ex vice capo di Gabinetto del Campidoglio e fino a ieri alla guida del Dipartimento Personale. Un uomo sin dall’inizio mal digerito da molti esponenti del M5s. “Sussistenza di un concreto ed attuale pericolo di reiterazione di condotte delittuose analoghe a quelle già accertate e ciò anche in considerazione del ruolo attualmente svolto da Marra all’interno del Comune e della indubbia fiducia di cui gode il sindaco Virginia Raggi”: è quanto ha scritto il gip per motivare la detenzione di Marra. Che non è stato il solo a finire in manette. Insieme a lui, infatti, è stato arrestato anche l’immobiliarista Sergio Scarpellini.
La tangente – L’accusa per Marra sarebbe quella di aver intascato una tangente del valore di 367 mila euro proprio dal costruttore per l’acquisto di un appartamento Enasarco. Nel dettaglio, si tratta di due assegni circolari da 250 e 117 mila euro per una casa in via Prati Fiscali intestata a sua moglie nel giugno del 2013 (quando Marra era direttore del dipartimento partecipazioni di Roma Capitale).
Un vero terremoto in casa M5s. Di fronte al quale la Raggi ha pronunciato parole deboli e inconsistenti, dicendosi “sorpresa dell’arresto di Marra” ma parlando di arresto “per fatti che non riguardano questa amministrazione”. In sinstesi, da braccio destro Marra è stato derubricato a “uno dei 23mila dipendenti del Comune”. Anche perché, ha sottolineato ancora la sindaca, il suo braccio destro “sono i cittadini romani”. Solo a questo punto una piccola ammissione di colpa: “Noi ci siamo fidati di lui e probabilmente abbiamo sbagliato. Di questo mi dispiace per i cittadini romani, per il M5s e per Beppe Grillo”. Tutte dichiarazioni pronunciate in una finta conferenza e finite anche sul blog di Grillo (preso d’assalto dalla base grillina) che, tra l’altro, si è trovato a Roma proprio nel giorno della bufera. Una tempesta che rischia di proseguire, qualora fosse formalizzata l’accusa di abuso di ufficio (per quanto riguarda la vicenda delle nomine e condizioni contrattuali in particolare di Salvatore Romeo) per la stessa prima cittadina. Intanto, già ieri fuori e dentro il Campidoglio le reazioni sono state accesissime. A cominciare dal commissario del Pd romano, Matteo Orfini che ha commentato: “Non ha perso solo il suo uomo di fiducia, ma anche il senso del ridicolo”. Tranchant anche Giorgia Meloni che non vede alternative tra le dimissioni di Raggi e una presa in carico della città da parte del M5s al completo. Ma le vere scintille si sono viste in aula Giulio Cesare durante la riunione dell’assemblea capitolina, sospesa proprio per la bagarre dei consiglieri di opposizione che hanno occupato i banchi della giunta. “Il sindaco torni in aula e riferisca sia sulla vicenda Marra che sulle dimissioni della Muraro”, è stata la vana richiesta della capogruppo dem Michela Di Biase. Proprio sei consiglieri Pd (tutti tranne Roberto Giachetti) sono stati espulsi dall’aula dal presidente dell’assemblea Marcello De Vito. Si è chiuso così un altro giorno triste per la Capitale.