A colpi di ricorsi e denunce, la storia si ripete. Sempre uguale e sempre con lo stesso canovaccio. Quella delle irregolarità nella presentazione delle liste, infatti, non è la novità del momento. E al M5s, in queste ore alle prese con lo scandalo delle presunte firme false, che dalle comunali 2012 di Palermo si sta allargando alle regionali 2014 in Emilia Romagna, non spetta nessuna patente di originalità. Da Nord a Sud della Penisola non si contano gli appuntamenti elettorali macchiati dall’onta dei brogli o presunti tali. Ne sanno qualcosa i Radicali che negli anni hanno depositato denunce in tutti gli uffici giudiziari competenti in Italia e nel 2004 si spinsero addirittura a presentare all’Ocse una richiesta di monitoraggio di tutto il procedimento elettorale in Italia. Non solo, ma le vicende di irregolarità e falsificazioni delle liste non risparmiano nessun partito politico. Insomma, non c’è storia più bipartisan di questa. Della serie: chi è senza peccato scagli la prima pietra.
L’ANNO NERO
Un anno horribilis è stato senza dubbio il 2010. In particolare in Lombardia e nel Lazio. Roberto Formigoni, candidato al Pirellone, infatti, si ritrovò al centro della bufera in seguito a una denuncia proprio dei Radicali di 926 autografi falsi a sostegno del suo listino e della lista del Pdl. Una vicenda lunga che ha visto coinvolti, tra gli altri, anche l’allora presidente della provincia di Milano, Guido Podestà (condannato in primo grado nel 2014 e assolto dalla Corte d’Appello di Milano il 30 settembre del 2016). Solo a maggio scorso, poi, il Consiglio di Stato ha azzerato le elezioni regionali lombarde. Non si scappa: c’è sempre una questione di firme, dietro il caos che ha accompagnato pure la corsa alla poltrona di Governatore del Lazio di Renata Polverini.
PANINO GALEOTTO
A un autografo mancato, in particolare, era rimasto appeso il listino collegato alla candidata del centrodestra (bloccato a ridosso delle consultazioni e poi riammesso). Ma a rendere indimenticabile quella tornata elettorale nel Lazio fu la vicenda di Alfredo Milione, l’uomo che per conto del Pdl doveva depositare le firme per la presentazione della lista a sostegno di Renata Polverini ma arrivò tardi in Tribunale per un banale attacco di fame.
TUTTI UGUALI
Il ciclone delle irregolarità, però, non guarda in faccia il colore politico. Senza dimenticare l’acceso scontro tra la democratica Mercedes Bresso e il leghista Roberto Cota (la prima aveva chiesto l’annullamento del risultato elettorale che aveva consegnato al secondo la carica di Governatore) per la presentazione di una lista, i “Pensionati per Cota” viziata da irregolarità, anche il dem Sergio Chiamparino in Piemonte, per esempio, ci finì dentro. Correva l’anno 2014. A presentare i ricorsi (poi rigettati dal Consiglio di Stato nel febbraio scorso) per sottoscrizioni false fu, tra gli altri, la leghista Patrizia Borgarello che chiedeva l’annullamento delle consultazioni. Che siano elezioni regionali o comunali, il discorso non cambia. Ci spostiamo a Torino: nel marzo 2013 Erika Faienza, consigliera provinciale Pd, fu condannata (pena poi sospesa) a un anno e tre mesi perché ritenuta responsabile di falso in violazione della legge elettorale. Secondo l’accusa, infatti, Faienza aveva autenticato, senza essere presente, firme per una lista a sostegno di Piero Fassino. E al Sud? La musica, naturalmente, non cambia. In Calabria l’inchiesta sulle firme false per la presentazione della lista “Per Catanzaro”, in occasione delle comunali del capoluogo nel maggio 2012, è arrivata addirittura fino alla Corte di Cassazione.