La vicenda delle firme false a sostegno della lista presentata nel 2012 alle elezioni comunali di Palermo rischia di costare cara al Movimento 5 Stelle. Otto parlamentari e attivisti pentastellati sono infatti indagati con l’accusa di aver violato il testo unico 560 del 1960: la settimana prossima saranno interrogati dal pool coordinato dal procuratore aggiunto Bernardo Petralia e dal pm Claudia Ferrari, che si avvalgono delle indagini svolte dalla Digos. La Procura ha deciso di muoversi dopo aver incrociato le dichiarazioni di tre testimoni poi iscritti nel registro degli indagati, la deputata regionale Claudia La Rocca – che ha collaborato pur avendo smentito la notizia secondo cui avrebbe voluto autosospendersi dal M5S – e due attivisti che hanno fatto una serie di ammissioni, con quelle del superteste Vincenzo Pintagro.
La Rocca, che secondo indiscrezioni avrebbe telefonato a Beppe Grillo informandolo di voler parlare con gli inquirenti (circostanza che il capo politico del Movimento ha smentito) ha chiamato in causa chi avrebbe copiato insieme a lei. Nella lista fornita da La Rocca figurano i nomi di Claudia Mannino, Samantha Busalacchi e Loredana Lupo. Mentre il candidato sindaco di Palermo, Riccardo Nuti, sempre a detta della consigliera regionale, sapeva. Dalla sua e dalle altre audizioni sono venuti fuori pure, come presenti o più o meno partecipi e consapevoli, i nomi di Giulia Di Vita e Chiara Di Benedetto. Tutti, a parte la Busalacchi, sono stati eletti in Parlamento nel 2013.
Subito è partito il fuoco di fila da parte del Pd. “Prima Quarto, poi Di Maio che non legge e non capisce le mail, adesso le firme false a Palermo. Tre indizi fanno una prova: è omertà a 5 stelle”, scrive – fra gli altri – la senatrice dem Francesca Puglisi.