In questi giorni la domanda fissa a un direttore di giornale è sempre la stessa: come finisce col referendum? Nessuno ha la sfera di cristallo e al momento possiamo attenerci giusto ai sondaggi che vedono di poco in testa il No alla riforma Renzi-Boschi. Paradossalmente però è più facile immaginare cosa succederà dopo. In caso di vittoria del Sì il premier farà un rimpasto di Governo e si trasformerà in un nuovo Re Sole, Grillo permettendo alle elezioni del 2018. Non ci sarà nomina pubblica, potere o concessione sottratto a Palazzo Chigi, dove il premier potrebbe mettere radici per chissà quanti anni. Se invece vincerà il No, Renzi rimetterà il mandato a Mattarella, che sarà costretto a dargli un nuovo incarico a meno che lo scarto tra Sì e No risulti abissale. Se il Sì ha un solo padre, il No è figlio di troppi genitori incompatibili tra loro. Renzi si accorderà quindi con Berlusconi in un Nazareno bis e formerà un Governo sacrificando l’ingombrante Boschi e beneficiando un mare di ministri e sottosegretari. Se avrà la fiducia, anche solo per un Esecutivo di scopo, vivacchierà fino al 2018. Se non ce la farà invece gli scenari sono quattro.
Il primo scenario è il commissariamento Ue con Pier Carlo Padoan (riedizione di quanto già visto con Mario Monti), l’incarico atteso da vent’anni dal partito dei giudici con l’investitura di Piero Grasso, la rivincita estero-diretta di Enrico Letta e più di ogni cosa l’ennesima congiura nel Pd, con la designazione di Delrio sostenuto da Franceschini. Quattro scenari che fanno sentire Matteo Renzi meno antipatico anche a molti avversari.