Arrivare all’apice dalla carriera quando gli altri, compresi i grandi campioni, avviano la fase calante. A quasi 35 anni (da compiere a dicembre) Paolo Lorenzi, nato a Siena e romano di adozione, è una delle favole sportive più belle del 2016. Certo, il tennista non ha conquistato le prime pagine, perché l’unico torneo vinto nel circuito Atp (il più importante) è stato in Austria, sulla terra rossa di Kitzbuhel: non una competizione tale da richiamare l’attenzione mediatica mondiale. Ma il successo in un torneo Atp è un traguardo da sogno per chiunque intraprenda il percorso del tennis professionistico.
IN VETTA
Del resto Paolino – come lo chiamano i suoi estimatori – ha raggiunto un altro risultato impensabile fino a qualche anno fa: essere il primo degli italiani, facendo meglio del talentuoso Fabio Fognini, e del solido Andreas Seppi, per non tacere dell’elegante Simone Bolelli, finito ostaggio delle sue incertezze e dei problemi fisici. Sin dall’inizio dell’anno Lorenzi ha scalato la classifica, raggiungendo il suo miglior piazzamento con la 35esima posizione (toccata lo scorso settembre), con la speranza di provare a superarsi un altro po’, come è nella sua filosofia: allenarsi duramente, senza concedersi i lustrini e le paillettes mediatiche, per andare oltre i limiti. E godersi ogni traguardo scappando dal peggior veleno per un tennista: l’appagamento.
DALLA B ALLE SAGGEZZA
Dopo aver trascorso buona parte della carriera sui campi dei tornei Challenger – un po’ la serie B del tennis – il romano di Siena si è tolto la soddisfazione di sopravanzare quei compagni di cammino che sembravano dovessero sovrastarlo nel ranking mondiale. Perché lui aveva le doti dell’applicazione in allenamento e della concentrazione in campo, ma pagava dazio alla maggiore qualità degli avversari. Il passare degli anni ha però sortito un effetto benefico: al posto di cedere alla freschezza gioventù altrui, Lorenzi ha rafforzato la propria solidità sul terreno di gioco. E ha sconfitto connazionali, molto più noti e accreditati di lui, come il coetaneo – in caduta libera – Filippo Volandri (al Challenger di Biella), e soprattutto Fabio Fognini (nel prestigioso palcoscenico di Monte-Carlo). Agli Us Open Paolino è stato tra i pochi a tenere alta la bandiera italiana, qualificandosi al terzo turno dopo aver superato l’argentino Carlos Berlocq e il francese Gilles Simon arrendendosi solo al numero 2 della classifica Atp, lo scozzese Andy Murray.
ESEMPIO
Il cammino sta proseguendo pure nella fase finale della stagione: in Cina, al Masters 1000 di Shangai, si è regalato la sfida con il canadese Milos Raonic. La vittoria di Lorenzi contro lo spagnolo Guillermo Garcia-Lopez, altro tenace over 30, non entrerà negli annali della storia del tennis, nonostante sia stata un’epica sfida di quasi 3 ore. Eppure è la fotografia della sua dote: lottare con la forza fisica di un ragazzino, arrivando con la solidità mentale là dove non riuscirebbero ad arrivare le gambe. Insomma, nel resoconto del 2016 a Lorenzi non sarà mai concessa l’attenzione dedicata agli eroi olimpici. Ed è davvero un peccato: perché è un bell’esempio per tutto il movimento tennistico italiano. E non solo.