di Valeria Di Corrado
Prefettura, Ispettorato del Lavoro, Finanza… Fabrizio Montali non teme nessuno. Il presunto prestanome del boss della Magliana Enrico Nicoletti sa di poter tenere “sotto controllo” eventuali accertamenti sull’Istituto di vigilanza Nuova Città di Roma, di cui resta a tutti gli effetti il deus ex machina. Lo spiega in un esposto alla Procura di Roma l’ex direttore generale dell’azienda: “Tutte le volte nelle quali ho fatto presente a Montali i gravi rischi a cui eravamo esposti a fronte di una possibile verifica degli enti preposti, mi ha sempre rassicurato che tali controlli, qualora fossero arrivati, sarebbero stati “bloccati” attraverso gli ispettori di Confcooperative che, su indicazioni sua e di Carlo Mitra (il vicepresidente di Confcooperative, ndr), avrebbero gestito la situazione”.
Quando a gennaio 2011 assume la delega alla gestione della contabilità, il direttore generale dell’Istituto di vigilanza Nuova Città di Roma prende coscienza della “grave situazione finanziaria” in cui versa la società: “non erano stati effettuati i versamenti dell’Iva relativi al 2010, né quelli del Tfr. Non erano stati pagati i fornitori né le quote sociali dei lavoratori”. Decide di farlo presente nella relazione che accompagna il bilancio, ma Fabrizio Montali gli intima di rettificare perché il “padrone è lui” (anche se nel frattempo si era fatto cancellato dall’organigramma aziendale da inviare a Prefettura e Questura). Il direttore generale sentendosi sotto pressione rimette la delega finanziaria dell’istituto. Siamo al 15 giugno 2011. Dodici giorni dopo gli viene comunicato il licenziamento. A quel punto, il 26 agosto, decide di rivolgersi al comando regionale della Guardia di Finanza. Nulla sembra muoversi. Così il 28 giugno del 2012 porta lo stesso documento alla Procura di Roma, che ancora oggi non l’ha convocato.
In un passaggio chiave dell’esposto viene ripercorsa la storia dei passaggi societari. L’Istituto di vigilanza Nuova Città di Roma nasce dalla cessione del ramo d’azienda di Metronotte Città di Roma, il 31 marzo 2008. “In realtà – spiega l’ex direttore generale – gli 840 dipendenti, i contratti e i clienti confluiscono nella nuova società. I debiti con fisco, fornitori e vecchi soci, che vengono spediti in Romania”. Una procedura simile si è ripetuta il 26 settembre del 2012, quando il ramo di azienda dell’Istituto Nuova Città di Roma di vigilanza armata e portierato viene ceduto a Città di Roma Metronotte Srl e con esso tutti i relativi crediti. Cosa ne sia stato dei debiti non è chiaro dall’atto notarile. Mancanza di trasparenza viene lamentata anche dai sindacati. La procedura della cessione di ramo d’azienda prevede infatti che le rappresentanze sindacali aziendali siano convocate. “Abbiamo inoltrato alla Prefettura di Roma ben 15 segnalazioni di questa anomalia, tra ottobre e novembre scorso, senza ricevere alcuna risposta – spiega Mauro Brinati, segretario di Fisascat Cisl Roma – A quel punto, l’11 dicembre, abbiamo denunciato al Ministero degli Interni il comportamento della Prefettura, che è l’organo deputato al controllo delle società di security. Anche in questo caso nessuno ha dato segni di vita. Il 7 gennaio l’Ente bilaterale nazionale vigilanza privata chiede di essere convocato presso l’ufficio territoriale del Governo, senza ottenere riscontri. Nel frattempo, il 22 marzo, il viceprefetto Maria Pia De Rosa certifica che Città di Roma Metronotte ha rispettato la contrattazione nazionale della vigilanza privata. La domanda nasce spontanea: ma le istituzioni dove stanno?”.
La società della famiglia Montali si è aggiudicata ad agosto 2012, insieme a Roma Union Security di Claudio Lotito, a Securitas Metronotte e Flash & Capitalpol, i servizi di vigilanza di quasi tutti gli ospedali romani: San Camillo Forlanini, Spallanzani, Policlinico Tor Vergata, Sant’Andrea, San Filippo Neri, Policlinico Umberto I e Ares 118. Nel capitolato di gara era contenuta la clausola di salvaguardia occupazionale, in base alla quale in caso di cambio appalto i lavoratori devono passare nelle aziende subentranti. Montali e Lotito però non ci stanno. “Montali si è recato all’Umberto I minacciando le guardie giurate della vecchia società, la Security Service, di fargli revocare il porto d’armi se non lasciavano la loro postazione – spiega Brinati – Lotito, invece, in un incontro presso la Direzione territoriale del lavoro ha parlato di un accordo raggiunto col Prefetto Pecoraro che prevede l’assunzione soltanto di 65 guardie giurate su 105 impiegate al Policlinico”.
Ora la palla passa alla Regione Lazio. Il principio della salvaguardia occupazionale è tutelato infatti anche dalla legge regionale n.16 del 2007. Presto il presidente Zingaretti dovrà rispondere a un’interrogazione sulla regolarità dell’appalto concesso dalla Regione alle società di Montali e Lotito, nell’attesa che il Consiglio di Stato dica la sua.