Promettendo di cambiare la legge elettorale Renzi ha fatto la cosa migliore per salvare la sua riforma costituzionale e la poltrona. La promessa da sola però non basta e senza metterci sopra un’ipoteca concreta è difficile che la minoranza nel suo partito si muova per portare un solo cittadino a votare Sì. D’altra parte la guerra civile nel Pd è ormai così feroce che dalla parte del segretario così come dall’altra non c’è aria di voler fare prigionieri. Intanto però il premier ha preso tempo. Una scelta discutibile, perché il fronte del No avanza compatto mentre dalle parti del Sì al referendum si aspetta un accordo che arrivando troppo in là nel tempo non servirà a molto. La convinzione, probabilmente, è che rallentare la capacità di interdizione nello stesso Pd può essere sufficiente a evitare una pericolosa emorragia di voti contro il nuovo Senato. Si temporeggia, insomma, lasciando l’esito del voto in una grandissima incertezza. Un gioco pericoloso, che Renzi sta giocando con lo stesso azzardo con cui Cameron concesse il referendum sulla Brexit. Se avesse vinto avrebbe messo a vita il cappello su Downing Street. Invece ha perso ed è andato a casa.
L'Editoriale