L’Italia vende bombe all’Arabia. Bombe che poi la coalizione guidata proprio dai sauditi sgancia sullo Yemen, uccidendo indistintamente militari e civili. Il bilancio, ad oggi, è impietoso: oltre 10mila yemeniti morti, metà dei quali civili. E oltre un miliardo e mezzo di bambini malnutriti. Nessun organo internazionale o Nazione, però, sembra accorgersi di nulla. Tutto tace. Tanto che il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, può tranquillamente incontrare per affari il monarca saudita (come denunciato, tra gli altri, anche da LaNotizia) nell’indifferenza generale di tutti.
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Ora, però, qualcosa si muove. Tempo fa, infatti, Rete per il Disarmo – i primi che hanno cominciato a denunciare la questione e a sollevare il caso – aveva presentato un esposto penale in Procura. Ebbene, da qualche settimana la Procura di Brescia ha dato avvio ad un’inchiesta relativamente alle forniture di bombe “made in Italy” verso l’Arabia Saudita, con ipotesi di possibile violazione della legge numero 185 del 1990.
Già, perché la guerra saudita ha comportato grossi guadagni per l’Italia, nonostante la legge che regolamenta il mercato d’armi (la n. 185 del 1990) a riguardo sia più che chiara: “l’esportazione ed il transito di materiali di armamento sono vietati verso i Paesi in stato di conflitto armato” in contrasto con le direttive Onu. Ma in soldoni di quanto parliamo? Secondo gli ultimi dati ufficiali, solo nel 2014 le nostre aziende hanno siglato 64 contratti complessivi con l’Arabia, per un valore di ben 164 milioni di euro.
Le indagini, coordinate dal Magistrato bresciano dottor Fabio Salamone, non si sono limitate allo studio delle carte e delle notizie presenti nel testo di esposto ma hanno già visto l’effettuazione di passi concreti di acquisizione diretta di nuove informazioni. Corroborate anche da documenti ufficiali del Governo tedesco (ricordiamo che la fabbrica RWM italia di Domusnovas da cui sono partite le bombe è di proprietà Rheinmetall) ottenuti dai ricercatori di Rete Disarmo e dimostranti la piena responsabilità italiana sulle (almeno) sei forniture dirette tra la Sardegna e Riad.
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In particolare, dicono dalla Rete per il Disarmo, “i risultati dell’inchiesta potranno poi rendere più trasparenti i profili di rapporto intercorrenti negli ultimi anni tra il nostro Governo e il Regno Saudita su questioni militari, di produzione armata e della difesa”. Nei giorni scorsi, peraltro, come dato conto anche da LaNotizia, la Rete Disarmo aveva chiesto chiarimenti relativamente alla recente visita della ministra Roberta Pinotti a Riad, che secondo fonti di stampa saudita aveva toccato anche aspetti relativi a contratti di fornitura per sistemi navali. Ricevendo come unica risposta un tweet del Ministero della Difesa paventante possibili querele (“Ministero pronto a querelare chi diffonde falsità”).
Peccato. Sarebbe stata l’occasione da parte del ministero per chiarire cosa stia accadendo nel conflitto yemenita. Un conflitto che, secondo ripetute prese di posizione delle Nazioni Unite, ha già portato a conseguenze catastrofiche per la popolazione, con una situazione così problematica da essere stata oggetto di una Risoluzione del febbraio 2016 del Parlamento europeo per “avviare un’iniziativa finalizzata all’imposizione da parte dell’UE di un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita”. Una risoluzione, tuttavia, lasciata poi nel dimenticatoio.
Ora, però, è la magistratura a muoversi. Vedremo a cosa si arriverà.
Tw: @CarmineGazzanni