di Monica Setta
Mi chiedono perché, nonostante i recenti flop e le ripetizioni, l’accento cantilenante, i risolini, le piccole grida stridule di encomio o i sorrisetti bamboleggianti da eterna bambina della tv, io continui – imperterrita, perfino un po’ masochista – a divorare ogni apparizione televisiva della mia beniamina Camilla Patrizia Carlucci.
È che una come me, la vita ideale se la immagina proprio come la sua: costellata di successi, medaglie, carezze della sera, trionfanti mazzi di fiori nei camerini, piccoli cadeau preziosi sul comodino di casa soavemente abbandonati dal marito imprenditore, ricco, innamorato e perfino padre devoto.
Lo so che Milly (questo il nome d’arte della nostra) è nata con la camicia avendo aperto gli occhi il primo dì dell’ottobre 1954 a Sulmona, cuore dell’Abruzzo forte e gentile, in una famiglia solidamente borghese, unita fino ai confini della fisiologica accidia.
Padre pezzo grosso dell’esercito, mamma accuditiva ma severa, la futura conduttrice è la primogenita di tre sorelle (Gabriella poi divenuta parlamentare berlusconiana e Anna, regista) che, stando alle leggende, debbono parte della loro fortuna in Rai anche all’amicizia di quel potente andreottiano che fu Paolo Cirino Pomicino.
Cose che si dicono, verba volant, solo scripta manent. E per fortuna nessuno fra coloro che negli anni, dai 70 ad oggi, hanno apprezzato il fascino di Milly, ha lasciato qualcosa di scritto. Insomma, scusate se mi indigno, ma una come la Carlucci – studentessa modello al liceo Mamiani di Roma mai diventata architetto solo perchè fu folgorata sulla strada di valle Giulia dal concorso di miss teen agers, dai pattini a rotelle e dal campione di nuoto Marcello Guarducci – avrebbe avuto bisogno secondo voi della Dc, la grande Balena bianca per fare carriera?
Lei è nata con il fiore in bocca, come recitava lo slogan di un celebre dentifricio. Scoperta da Renzo Arbore nell’Altra domenica di Raidue esplode all’istante grazie a quelle gambe tornite e allo sbatter delle curvacee ciglia rese spesse dal mascara sovente anche colorato: affianca Gianni Minà a Blitz e Michele Gammino a Giochi senza frontiere trovando il tempo di qualche ciak sul set di Il bisbetico domato con il grande Adriano Celentano e la statuaria Ornella Muti.
Una vita senza una macchia, dunque, con gli avvenimenti che si snodano come perle di una identica collana, la tv, il cinema, il colpo di fulmine con Angelo Donati e nel 1985 le nozze da cui nascono due figli perfetti, Angelica e Patrick.
Milly non sbaglia un colpo, nessuno l’ha mai vista piangere, tutti ignorano quale sia la sua vera anima – anche se qualche ipotesi comincia ad emergere – mai uno screzio, una sbandata o un eccesso di bile. La Rai cancella il suo show per far posto a Bruno Vespa e lei ringrazia, compita. Il sabato dopo, la stessa Rai le impone la differita per la finale del medesimo varietà e Milly, ancora una volta, s’inchina, obbediente alle volontà superiori. Le riferiscono veleni e malvagità di una rivale sul suo conto, idem. Alza il mento e sorvola, voilà, sussurra, così va il mondo. Dicono che porti la parrucca (non ci credo, è talmente bella) ma se così fosse mi spiegherei perchè neanche un capello scomposto agita la sua eterea e altera figura matronale. Se poi, lontano dai riflettori, vada avanti a Malox (ossia sciroppo contro la gastrite) sono affari suoi. Di certo non mi sentirei di condannarla, sono secoli che ingoia ogni torto, imperturbabile.
Ma la sua vita è un film, chi non ne vorrebbe una uguale? Sono convinta che la gastrite, qualora dovesse averla, una come Milly, non se la cura nemmeno. La bypassa, tanto, prima o poi, la fine è nota. Per tutti noi.