Sarà un derby interno al Partito democratico per decidere cosa fare con la legge elettorale. In campo ci sono gli ex compagni dei Ds, divisi poi dall’ascesa del renzismo. Da una parte i Giovani Turchi, o meglio l’area Rifare l’Italia, capitanata dal presidente dell’assemblea del Pd, Matteo Orfini, e dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando, e dall’altra la minoranza di Pier Luigi Bersani e Roberto Speranza.
DIREZIONE CHIARA
La partita si giocherà tutta nella direzione del Pd convocata il 10 ottobre. Matteo Renzi, dovrà scoprire le carte dopo settimane di oscillazione da una posizione di apertura sulle modifiche a un ripensamento su possibili ritocchi al suo amato Italicum. “Se qualcuno pensa che la legge elettorale sia un così grave problema della riforma costituzionale io, che sono un convinto sostenitore di questa legge elettorale, sono disposto a dire: ‘cambiamola’. Perché la legge costituzionale è fondamentale”, ha detto nelle ultime ore il segretario-premier. A Largo del Nazareno occorrerà perciò indicare una rotta senza tentennamenti: i bersaniani da giorni ormai non credono più alla possibilità di fare una seria riforma del sistema elettorale. E per convincerli è necessaria un’azione forte.
LE DUE PROPOSTE
Così Giovani Turchi hanno formalizzato la proposta, già descritta su La Notizia dal senatore Francesco Verducci: sarà un Italicum in salsa greca, ribattezzato Italikos dagli stessi proponenti; vengono salvaguardati alcuni principi guida della legge elettorale in vigore, ma con l’eliminazione del ballottaggio. L’obiettivo della proposta è di gettare un ponte verso la minoranza. Gli esponenti della sinistra del Pd sono invece concentrati sul Mattarellum 2.0: il ripristino del sistema maggioritario che fu firmato dall’attuale presidente della Repubblica, più di venti anni fa. Anche se è stata immaginata qualche modifica: oltre ai 475 seggi ripartiti con collegi uninominali (sfida secca tra candidati e chi ottiene più voti conquista il seggio), l’altra parte è suddivisa in un meccanismo di premi delle liste su base nazionale. Un tentativo di strizzare l’occhio anche al presidente della Repubblica, sperando che potesse esercitare una moral suasion su Renzi. Ma Sergio Mattarella si è tenuto ben lontana dalla bega della legge elettorale, lasciando che il confronto si consumasse tra le forze politiche.
BENEDIZIONE
Addirittura il capogruppo al Senato del Pd, Luigi Zanda, ha fatto il possibilista, benedicendo il Mattarellum: “Personalmente avrei preferito se la Corte costituzionale avesse dichiarato la totale incostituzionalità del Porcellum, rimettendo in campo il Mattarellum”. E quindi sulla proposta di un ritorno a quel sistema, seppure rivisto, ha spiegato: “Non dobbiamo escludere nulla, ma serve trovare una maggioranza”. Un appello dagli alleati è arrivato anche da Scelta Civica con il deputato Stefano Dambruoso, che ha preso spunto dalla figura di Aldo Moro per ricordare un esempio che “sia utile in questo delicato momento storico, per costruire un dialogo forte e costruttivo sulle riforme, affinché sia tutto il Parlamento democraticamente e con la massima condivisione a votare quella che sarà la nuova legge elettorale”. Come se non fosse già abbastanza complesso il quadro, anche i senatori dell’Italia dei valori, Alessandra Bencini, Francesco Molinari e Maurizio Romani (tutti ex 5 Stelle), hanno annunciato una loro iniziativa per modificare l’Italicum. Tuttavia, in questo caso, l’unico cambiamento è il premio assegnato alla coalizione. E del resto qualsiasi operazione è vincolata all’esito della direzione dem del 10 ottobre. L’unica sede che dirà quale soluzione si può trovare.