Ci mancava pure Forbes. La rivista americana di economia e finanza, famosa soprattutto per la stesura annuale della classifica degli uomini più ricchi del mondo, in un commento pubblicato on line lo scorso 15 settembre ha tracciato un’analisi spietata della situazione italiana. E di fatto ha messo in discussione la tenuta del presidente del consiglio, Matteo Renzi. Sul quale, a cadenza ormai giornaliera, piovano report e articoli internazionali critici. Forbes, in particolare, ha ospitato a proposito della situazione italiana un commento di George Friedman, uno degli analisti Usa più ascoltati, già fondatore della società di previsioni strategiche Stratfor. Ebbene, il titolo del contributo la dice lunga: “L’Italia è l’anello più debole dell’Unione europea”.
PREMESSE
L’articolo prende spunto dell’incontro di agosto, a Ventotene, tra Renzi, Angela Merkel e Francois Hollande. Scelta geografica che, secondo Friedman, dovrebbe suggerire grandi discorsi sul futuro dell’Unione europea. In realtà “la reale discussione si è concentrata sullo stato dell’economia italiana e sui passi da compiere per rivitalizzarla”. Insomma, Germania e Francia nelle vesti di dottori e l’Italia in quelle del malato. Successivamente arriva un paragrafo dedicato al Belpaese, dall’altrettanto eloquente titolo “la crisi italiana sta peggiorando”. A tal proposito conviene leggere tutte d’un fiato le considerazioni poste alla base del ragionamento: “L’economia italiana è debole. Non c’è crescita. Il sistema bancario è in cattive condizioni. La disoccupazione è alta. C’è un’insoddisfazione generale. L’Italia si trova tra recessione e stagnazione dal 2008. Dopo 8 anni la situazione non mostra segni di miglioramento”. Come premessa davvero niente male. Dopodiché il commento pubblicato dalla rivista americana si sofferma sulla strategia di Renzi, descritta in questa fase come molto attenta alle esigenze di austerità e controllo dei conti.
IL DUBBIO
Come mai, si chiede Forbes, visto che l’austerity in questi anni si è mostrata fallimentare? E’ probabile, scrive Friedman, che il premier adesso stia puntando di più sul rigore per “ottenere in futuro alcune concessione dall’Ue”. Oppure voglia a breve “ottenere qualcosa in cambio sulle banche”. Riferimento nemmeno troppo velato alla gestione di alcune crisi come quella di Mps. Qualunque sia l’interpretazione corretta, “si rischia l’aumento dei movimenti che spingono per l’uscita dall’Ue”. E in ogni caso “il malessere che ha ingabbiato l’Italia per anni, continuerà”. Insomma, anche uno dei punti di riferimento della finanza americana lancia l’allarme sull’Italia, stavolta slegato da un’analisi sugli effetti del referendum costituzionale. Prova “provata” di quanti timori a stelle e strisce riguardino il Belpaese. Come è stato anche dimostrato dall’endorsement di qualche giorno fa dell’ambasciatore americano in Italia, John Phillips, a favore del “sì” al referendum.