Un maxi taglio ai fondi per i controlli, un perfetto regalo alle cooperative. In particolare a quelle che si muovono sul filo della legge, sapendo che i soldi per le verifiche vengono destinati ad altri capitoli di spesa. E quindi tolti al Ministero dello sviluppo economico (Mise), preposto a compiere verifiche per migliaia di coop. Le cosiddette false cooperative godono quindi di vita facile: sfruttano i vantaggi fiscali dati alle coop (a patto di rispettare determinati parametri) per fare cassa e magari fanno perdere le tracce prima che possano arrivare le ispezioni. Che, alla luce dei tagli di bilancio, non sono certo fulminee.
POCHI SOLDI – La situazione è diventata drammatica lo scorso anno, con appena 5mila cooperative sottoposte a controlli. E, secondo l’accusa del Movimento 5 Stelle, con la spesa di “un milione di euro, a fronte dei 20 milioni incassati” attraverso il contributo che alimenta il fondo del Mise. Certo, negli ultimi mesi sembra ci sia un miglioramento: a inizio 2016 circa la metà dei soldi è stata spesa per le verifiche. Ma, sempre secondo il M5S, ci sono ancora troppi buchi e pure qualche perplessità sui risultati dell’anno in corso. “C’è una lettera della direzione generale per la vigilanza che testimonia i tagli al bilancio. E temiamo che il 2016 possa rivelarsi ancora peggiore sul fronte dei controlli”, spiega a La Notizia Daniele Pesco, deputato dei 5 Stelle. Così i pentastellati hanno depositato un’interrogazione alla Camera, che è il preludio alla presentazione di una proposta di legge.
SISTEMA DISCOSSO – Nel mirino è finito l’intero meccanismo, indipendentemente dai tagli ai controlli. Il sistema è infatti diviso in due parti: per 42mila coop aderenti alle associazioni nazionali (per esempio Legacoop e Unci) sono le stesse associazioni a svolgere l’attività di revisione contabile ogni due anni; mentre per le altre 48 mila l’opera di vigilanza spetta al Mise, grazie a un fondo finanziato da un apposito contributo delle cooperative. “Dobbiamo ripristinare la vigilanza in capo all’amministrazione pubblica. Non è accettabile che nell’era di Mafia capitale siano ridotte le ispezioni”, sottolinea Pesco. E il parlamentare dei 5 Stelle lancia un attacco tutto politico: “Non vorremmo che l’Italia – con il ministro Poletti proveniente da quel mondo – stia diventando un paradiso fiscale per le cooperative, che sfruttano i vantaggi fiscali a loro riservate, senza nemmeno dover rispettare i parametri fissati per essere definite tali”. La partita del resto era già iniziata ad aprile del 2015. Il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, chiese attraverso un ordine del giorno a Montecitorio lo stop alle deleghe “mediante apposite convenzioni” della “revisione di cooperative alle Associazioni riconosciute, facendo così in modo che il Ministero dello sviluppo economico non possa delegare alcun soggetto privato a svolgere le ispezioni alle società cooperative”. La Camera accolse la proposta. Ma senza dare alcun seguito.