Una nuova puntata arricchisce il “romanzo” del ‘doping legale’ conservato negli archivi della Wada, l’agenzia internazionali anti-doping. Gli hacker del gruppo Fancy Bears hanno resa pubblica un’altra lista, che contiene tra gli altri i nomi dei ciclisti britannici Chris Froome e Bradley Wiggins. Il vincitore dell’ultimo Tour de France è risultato positivo (nel 2013 e nel 2014) al prednisolone, sostanza usata per curare infiammazioni e malattie autoimmuni, mentre nelle analisti del recente campione olimpico – tra il 2008 e il 2013 – sono state trovate albutamolo, formoterolo, budesonide e tiamcinolone acetonide, usate contro asma e allergie ai pollini. In tutti i casi, comunque, c’era stato il via libera del medico della federazione internazionale del ciclismo, Mario Zorzoli. E proprio Froome ha replicato in prima persona: “Ho parlato apertamente delle mie Tue (la procedura specifica per l’assunzione di farmaci, ndr) con i media. In nove anni di professionismo ho richiesto una Tue due volte per l’asma aggravata. L’ultima volta è stato nel 2014”.
La lista comprende poi la pesista statunitense Michelle Carter, oroa Rio 2016, il golfista britannico Charley Hull, la rugbista Heaher Fisher, il canottoere Sam Townsend,la giavellottista Christina Obergfoell e altri atleti meno noti. La tensione, quindi, resta alta dopo la prima valanga di nomi rivelati dagli hacker, in cui figuravano le due sorelle Williams e la super ginnasta Simone Biles. La fuga di informazioni è avvenuta attraverso la violazione del database Anti-doping administration and management system (Adams), contenente informazioni riservate riguardo a numerosi sportivi sulle esenzioni terapeutiche ricevute nel tempo. I paesi più interessati sono Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania.
“La Wada non ha alcun dubbio che questi attacchi in corso siano una rappresaglia contro l’Agenzia e il sistema anti-doping mondiale, a causa della nostra indagine indipendente che ha mostrato il doping sponsorizzata dallo Stato in Russia”, si è difeso il direttore generale della Wada, Olivier Niggli. Ma, nonostante sia tutto legale (perché gli atleti hanno motivato prima delle competizioni l’assunzione di quelle sostanze), la presenza nell’elenco di grandi campioni desta scalpore. E rischia di minare la credibilità del sistema di controlli.