Un salasso per la Apple. L’Unione europea ha presentato il conto alla società di Cupertino: dovrà pagare una multa di 13 miliardi di euro. Anche se il braccio di ferrro è solo all’inizio: la presentazione del ricorso appare scontato. Resta comunque l’impatto per la cifra chiesta. “Questa non è una multa ma sono tasse non pagate: è una differenza molto importante”, ha però precisato la commissaria europea alla Concorrenza Margrethe Vestager, illustrando le ragioni della sanzione.
Secondo Bruxelles, infatti, il colosso statunitense ha beneficiato di un trattamento fiscale di favore da parte del governo irlandese, sfruttando la sua dimensione. La Apple, stando alle accuse della commissione, ha ottenuto una tassazione sui profitti europei pari all’1% nel 2003: un tasso che si è ridotto ulteriormente fino a raggiungere lo 0,005% in cambio della promessa di nuove assunzioni in Irlanda. Un patto tra Dublino e la “mela morsicata” che però viola le norme europee. “I Paesi membri non possono dare benefici fiscali selettivi ad alcune compagnie”, aveva avvisato Vestager, lasciando intendere una punizione severa. Ma nessuno aveva immaginato una sanzione così pesante: proprio per questo sembra destinata a essere ridotta.
Pronto il ricorso
Da Dublino è subito arrivata la replica, con l’annuncio del ricorso: “Sono in profondo disaccordo con la decisione della Commissione. Il nostro sistema di tassazione è fondato sulla stretta applicazione della legge, come stabilito dal Parlamento, senza alcuna eccezione”, ha detto il ministro delle Finanze irlandese, Michael Noonan. Dalla Apple hanno ribadito che questa decisione mette in pericolo gli investimenti in Europa della società. “Faremo appello”, spiegano dalla società, giudicando la decisione “nefasta” con “un effetto profondo e negativo sugli investimenti e la creazione di posti di lavoro in Europa”. A sostegno del colosso di Cupertino, è arrivato anche il governo di Washington. Che aveva lanciato un avvertimento all’Ue: “State diventando una autorità sovranazionale in tema di tasse. Così facendo minacciate gli accordi internazionali sul piano fiscale”.