Gli occhi sono puntati tutti sui ministeri dell’Economia e delle Infrastrutture. Perché dopo la gestione dell’emergenza terremoto, sarà il tempo di decidere come intervenire per la ricostruzione. E magari avviare finalmente quella fase di prevenzione. Certo il progetto del Governo è di quelli ambiziosi e la speranza è che una volta che i fari mediatici si abbasseranno si proverà davvero a fare qualcosa per la prevenzione visto che la maggior parte del territorio italiano presenta rischi sismici elevatissimi.
L’immediatezza però passa per la sistemazione degli sfollati, circa 2.500, del territorio colpito. I tecnici del governo, secondo quanto riporta il giornale La Repubblica, sono convinti che entro un mese al massimo gli sfollati abbandoneranno le tende, per avere entro 4-5 mesi una sistemazione stabile. Si va verso le soluzioni in legno su modello tedesco, già utilizzate a Onna nel 2009. La ricostruzione vera e propria dei paesi distrutti, invece, dovrebbe cominciare nella primavera del prossimo anno. Questo il libro delle buone intenzioni. L’inizio non è stato certo dei migliori. Un esempio per tutti è quello svelato da La Notizia rispetto a un appalto per i container d’emergenza, finito nel dimenticatoio per mesi e mesi, e sbloccato soltanto nel giorno stesso del terremoto. Più che l’appalto in sé la storia che abbiamo raccontato svela tutte le falle del sistema di affrontare le emergenze in Italia, ovvero intervenire in fretta e furia quando il danno è fatto.
Altro nodo da sciogliere è quello della ricostruzione. Sarà davvero possibile ricostruire i paesi distrutti nello stesso modo di prima? La priorità però è quella di non far scappare le popolazioni, perché è questo il rischio più grande che si corre in quei borghi. Intanto ieri il premier, Matteo Renzi, ha visto a pranzo l’archistar Renzo Piano. Contestualmente dovrebbe partire anche Casa Italia: un grande piano di prevenzione. Il piano dovrebbe valere 2-3 miliardi all’anno con incentivi ai privati e interventi diretti.