Nessuno mette in dubbio la fatica che hanno fatto i ciclisti lungo il percorso del Tour de France 2016. Le salite erano tante e le tappe sono state tese, dall’inizio alla fine. Ma allo stesso modo nessuno può mettere in discussione un fatto: la Grande Boucle è stata di una noia micidiale. Chris Froome vince la corsa a tappe per la terza volta nella sua carriera (la classifica generale è consultabile a fine articolo). E, piaccia o meno il suo stile, gli va dato atto che è attualmente il più forte. Ma per il resto i big ci hanno seppellito con un grande sbadiglio. Le uniche fonti di spettacolo sono stati i protagonisti di giornata, quei ciclisti che ogni giorno hanno cercato il successo di tappa. Trovare altri momenti emozionanti dal punto di vista tecnico (il discorso non include le figuracce dell’organizzazione) è una missione impossibile. Eppure il percorso era stato disegnato bene: tante salite, frazioni movimentate e numerose possibilità di inventare qualche attacco. Invece nulla: tutti dietro agli uomini in nero della Sky. E noi spettatori affaticati a non sonnecchiare.
L’unico che ha avuto coraggio, oltre che gamba (in una sola occasione, sia chiaro), è stato il francese Romain Bardet, che infatti è stato premiato: ha chiuso al secondo posto in classifica generale. Una soddisfazione per il ciclismo francese, che eleggerà così il suo nuovo eroe. Ma il simbolo della mediocrità generale è incarnata dal podio ottenuto dal colombiano Nairo Quintana: il capitano della Movistar è stato sempre all’inseguimento e il terzo posto lo avrebbe meritato di più il sorprendente britannico Adam Yates. Una menzione, tuttavia va a fatta a due “grandi vecchi”: gli spagnoli Alejandro Valverde e Joaquin Rodriguez. Per loro c’è la soddisfazione di aver terminato nella top ten e di aver dimostrato una tenacia eccezionale. E infine non si possono non citare due fenomeni che hanno divertito sui terreni a loro più congeniali: Peter Sagan e Mark Cavendish, che tornano a casa con un bel bottino di tappe.
Italico disastro
Per l’Italia il Tour de France 2016 è stato un disastro. Nessuna vittoria di tappa e nessun ciclista tra i primi dieci della classifica generale. Fabio Aru ha completato una corsa insufficiente con il crollo dell’ultima tappa alpina. I sogni di podio sono diventati un incubo: è scivolato addirittura alle spalle di Sergio Henao, colombiano venuto in Francia per fare da gregario a Froome. Ma, senza troppe finzioni, anche un piazzamento nella top ten non avrebbe modificato di molto il giudizio su Aru. Sempre “al gancio”, volenteroso ma in affanno. E sarebbe da capire perché ha fatto lavorare tanto la sua squadra. E che dire di Vincenzo Nibali? Sulle strade che lo hanno visto trionfatore in giallo nel 2014, ha svolto un ruolo da comprimario in vista dell’Olimpiade di Rio. Una scelta enigmatica e non proprio all’altezza dell’immagine di un fuoriclasse della bici. Solo una vittoria olimpica può allontanare i fantasmi di una decisione errata.
Nonostante un compito fuori dall’ordinario, il campione siciliano è stato comunque l’unico a regalare qualche emozione agli italiani, soprattutto nella 20a tappa sulle rampe del Joux Plane. Se l’arrivo fosse stato in salito, forse Nibali avrebbe salvato il suo Tour de France con un successo di tappa, smorzando l’amarezza degli appassionati di ciclismo italiani. Per il resto nessun altro azzurro si è fatto troppo notare, con la parziale eccezione di Damiano Caruso, bravo nel compito di gregario di Richie Porte.
La classifica generale definitiva del Tour de France 2016 (clicca sull’immagine per ingrandire)