Che i rischi fossero consistenti era chiaro sin da quando il gruppo italiano aveva avanzato la propria candidatura per la ristrutturazione di quella diga nell’Iraq settentrionale. Al punto che il governo guidato da Matteo Renzi ha già mandato una prima parte del contingente militare di 500 uomini chiamati a proteggere i cantieri. Adesso però un report a stelle e strisce lancia un allarme da far tremare i polsi. In pratica gli americani scrivono che nella zona di Mosul è attesa una controffensiva dell’Isis che può coinvolgere un milione e mezzo di civili. Uomini esposti alla violenza di un esercito in rotta, e quindi spietato. Il report in questione è stato sfornato dalla Stratfor, una delle più importanti e ascoltate società Usa di analisi strategiche. Il documento non ci si sofferma in modo diretto, ma l’analisi può avere un effetto dirompente anche per l’Italia.
IL PUNTO – Si dà infatti il caso che da qualche mese a Mosul sia arrivata la Trevi, società di costruzioni che a inizio 2016 ha vinto una maxicommessa del governo iracheno da 230 milioni di euro proprio per la ristrutturazione dell’omonima diga. Cosa dice esattamente il report della Stratfor? Nell’incipit, già molto eloquente, si legge che “l’attesa offensiva dello Stato islamico per riprendere il controllo della città di Mosul potrebbe coinvolgere fino a 1 milione e mezzo di civili”. Per giustificare questa cifra, e il conseguente allarme, la società di analisi americana cita una dichiarazione di Lise Grande, coordinatrice umanitaria in Iraq per le Nazioni Unite. In particolare, aggiunge il documento datato 20 luglio, “la Grande ha detto che l’imminente campagna sarà devastante e che sono probabili vittime civili in massa”.
IL PIANO – Per questo “le Nazioni Unite stanno cercando 284 milioni di dollari per coordinare gli sforzi umanitari e far fronte all’offensiva”. Non c’è che dire, parole sin troppo chiare. A maggior ragione i timori per il contingente italiano e per i dipendenti della Trevi appaiono oggi molto più accentuati di qualche mese fa. L’allarme, peraltro, arriva ora dagli stessi americani che hanno sponsorizzato l’azienda italiana. Nel consiglio di amministrazione della Trevifin, la holding del gruppo, siede per esempio Marta Dassù, che è stata viceministro degli esteri nei governi guidati da Mario Monti ed Enrico Letta. Ma soprattutto la Dassù siede nel comitato esecutivo dell’Aspen, sulla carta pensatoio molto sensibile alle sirene americane (in particolare quelle del versante “liberal”), nella sostanza autentica lobby filo Usa.
LA RETE – Senza contare che la ex viceministro degli esteri è uno dei pochi italiani a essere membro della Trilateral, formalmente gruppo di studio fondato nel 1973 dal banchiere David Rockfeller, ma anche qui nella sostanza vera e propria lobby con sede centrale a New York. Insomma, dietro alla Trevi c’è un profilo noto agli ambienti Usa e sicuramente gradito. Quegli stessi ambienti che adesso lanciano un allarme di non poco conto sul futuro di Mosul.