Che la Corte dei conti abbia un ruolo fondamentale è pacifico, soprattutto in un Paese “problematico” come l’Italia. Ciò che spesso non viene messo a fuoco è quella sorta di poltronificio di fine carriera che ormai la Corte rischia di diventare a seguito di alcune nomine governative. Si prenda quello che sottotraccia è avvenuto nel Consiglio dei ministri dello scorso 14 luglio. Ebbene, in quella sede su proposta del premier, Matteo Renzi, sono stati nominati 8 nuovi consiglieri della Corte dei conti. Tra questi ci sono nomi di alti papaveri della Pubblica amministrazione. Per esempio spunta Mauro Nori, per anni direttore generale dell’Inps all’epoca di Antonio Mastrapasqua presidente (tra i due i rapporti non sono mai stati troppo distesi). Oppure c’è il nome di Vincenzo Busa, presidente di Equitalia e per tanti anni direttore Normativa e poi Affari legali dell’Agenzia delle entrate.
GLI ALTRI – Ancora, tra i nominati da Renzi nella magistratura contabile figura Mario Alì, capo della direzione generale per l’internazionalizzazione della ricerca del ministero dell’istruzione e dell’università. Ma compare anche Mario Guarany, capo della direzione archivi del ministro dei Beni culturali. Che poi, come si vede, la povenienza pubblico-ministeriale è la più varia. Nella lista dei nuovi consiglieri della Corte, per dire, c’è Francesco Antonio Musolino, che è stato prefetto nelle città di mezza Italia fino a diventare capo del Dipartimento di Vigili del Fuoco. Dall’enorme perimetro del ministro dell’economia, infine, viene Giuseppe Imparato, capo della direzione razionalizzazione degli immobili incardinata nel Dag, il dipartimento dell’amministrazione generale che fa direttamente capo al superdicastero di via XX Settembre. Una considerazione è di rigore: non è certo la prima volta che si verifica una “transumanza” di alti mandarini di Stato, più o meno a fine carriera, nei ranghi della magistratura contabile. Destino che, tra l’altro, molto spesso contraddistingue i nominati al Consiglio di Stato. Gli esempi si sprecano e sarebbe impossibili farne in poche righe una mappatura esaustiva.
IL NODO – Ma proprio per questo, e a maggior ragione in virtù dell’ultima infornata di nomine dello scorso 14 luglio, si impone una semplice domanda: è possibile che la Corte dei conti, su input governativo, debba aprire le porte a boiardi di Stato che non sempre sembrano avere un curriculum contabile a prova di bomba? Anche perché la stessa Corte dei conti è chiamata a fare le pulci alla Pubblica amministrazione. Così alla fine l’impressione è che a questi alti papaveri sia stata apparecchiata una bella e remunerativa poltrona di fine carriera, quando magari il ministro di turno o il nuovo mandarino ministeriale hanno deciso di metterli alla porta. Magari è solo un’impressione. Ma è certo che a volte la Corte dei conti imbarca di tutto.
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