Che sia solo una coincidenza è possibile, ma come si suol dire spesso a pensar male ci si azzecca. Certo è che, dopo aver sparato a zero sull’operato del governo Renzi (dalle pensioni d’oro alla riforma del lavoro), il presidente dell’Inps Tito Boeri ha usato i guanti bianchi nei confronti del premier in merito al Jobs Act. L’occasione è stata la relazione sul rapporto annuale dell’Inps.
Nel corso della presentazione, Boeri ha fornito una serie di inaspettati assist al governo, spiegando ad esempio che la cancellazione dell’articolo 18 con il superamento della reintegra per i licenziamenti senza giusta causa e giustificato motivo previsto dal Jobs act non ha portato a un aumento dei licenziamenti: nel 2015 l’incidenza dei licenziamenti è diminuita del 12% sull’anno precedente. Secondo Boeri, le norme del Jobs act sui contratti a tutele crescenti hanno inciso sulle stabilizzazioni dei contratti nelle imprese soprattutto tra i 15 e i 19 dipendenti, anche se l’aumento dell’occupazione è stato determinato soprattutto dai massicci incentivi sul fronte della contribuzione.
Nel 2015 i contratti a tempo indeterminato sono cresciuti di oltre mezzo milione rispetto all’anno precedente ma sono destinati nel 2016 a stabilizzarsi su questo livello. Nella relazione, però, il presidente dell’Inps ha fornito anche interessanti numeri, a cominciare da quelli relativi ai pensionati: sono quasi sei milioni (il 38% del totale) quelli che hanno redditi da pensione inferiori a mille euro al mese. Questa fascia assorbe solo il 15,6% della spesa complessiva ricevendo nel 2015 poco più di 43 miliardi di euro.
Boeri, però, ha anche chiesto, nel corso del suo intervento, nuove e più incisive misure di contrasto alla povertà, una riforma del sistema che metta fine alle salvaguardie “costose e inadeguate”, ma innescate dalla legge Fornero. Boeri si è quindi augurato che lo Stato “incentivi il congedo di paternità”.