“C’è qualcuno tra voi che pensa sinceramente che, dopo che la legislatura è nata e ha fatto ciò che ha fatto, in caso di ‘no’ al referendum, il presidente del Consiglio, e io penso anche il Parlamento, non ne possa prendere atto?”. Matteo Renzi ha messo le cose in chiaro sul voto di ottobre. Ribadendo che se perderà, rassegnerà le dimissioni.
Il premier ha anche lanciato un invito: “Chi parla di personalizzazione faccia un banchetto, un comitato per dare una mano. Questo referendum non è conosciuto dai cittadini perché lo si trasforma in una sorta di derby personale”. E ancora: “Perchè l’Italia sia forte e credibile serve stabilità istituzionale. Che non è immobilismo, ma riforme con l’anima”. Inevitabile l’analisi del voto delle amministrative, ripertendo il concetto espresso nei giorni scorsi: “È un dato molto difficile da leggere” e che “il successo di Torino e Roma ai Cinque Stelle dà la palma della vittoria per quanto grandi sono quei Comuni”. Ma “il simbolo delle amministrative era Milano, senza una straordinaria mobilitazione del Pd in quella città non sarebbe stata possibile la vittoria”. E quindi ha ripetuto: “Ci sono dati positivi come quelli della Lombardia, e dati negativi come il Piemonte. Davvero possiamo dare un dato nazionale? Io non credo, ma mi apro alla discussione”. Non è mancata la stoccata a Michele Emiliano: “C’è chi dice che c’è un problema di linea politica. Ma non mi pare che il Pd pugliese abbia avuto risultati dissimili dal Pd nazionale. È andato un po’ peggio, ma succede. Casualità”.
Organizzazione partito
“Questo partito non è un partito personale. Non è mio, non appartiene a una persona al suo commercialista e al cofondatore”, ha scandito di fronte alla platea della direzione. Il Pd “appartiene a una comunità di donne e uomini e io sono la dimostrazione che è scalabile e chi verrà dopo di me dimostrerà che è scalabile”, ha affermato. “Se volete che io lasci, non avete che da chiedere un congresso, e possibilmente vincerlo. Se volete dividere i due incarichi, di premier e segretario, non avete che da proporre una modifica dello statuto e realizzarla. In entrambi i casi io sarò con chi vincerà, perché penso che si stia in una comunità quando si vince e quando si perde”. Quindi “se c’è una strategia alternativa e ha i numeri, ben venga”, ha rilanciato la sfida alla minoranza dem.
Terrorismo e Brexit
Renzi ha iniziato il discorso, partendo dai temi internazionali più caldi. “Non c’è tregua, piangiamo le vittime di Dacca. Ma non c’è solo Dacca nella settimana. E non ci sono solo i numeri,la realtà ci parla di storie, persone. Sono volti e non è possibile non accogliere su di noi le lacrime delle loro famiglie. Dobbiamo avere la forza di non abituarci all’orrore e deve esserci il desiderio di mantenere in vita i valori che difendiamo”. Per quanto riguarda il capitolo-Brexit, il presidente del Consiglio ha chiesto un rinnovamento dell’Europa. “L’Ue può scrivere una pagina nuova, perché così com’è non va. Chiedevamo e abbiamo ottenuto una flessibilità rispetto al Fiscal Compact a cui l’Ue si era legata. Ma da sola la flessibilità non basta, bisogna indicare un progetto chiaro. La visione europeista che noi difendiamo non è contro l’interesse nazionale, sono disposto a litigare con tutti in Europa. Non si tratta di riaprire pagine del passato”. E ha rivendicato la sfida secondo cui “l’Italia deve fornire un’agenda di sviluppo europeo che non può essere ignorata. Non siamo più quelli da giudicare, come avviene ora per Spagna e Portogallo. Sarebbe un errore che la Ue rispondesse a Londra sanzionando quei Paesi. Ma è fondamentale che l’Italia faccia sentire la sua voce sulla crescita e contro l’austerity”.