Un racconto agghiacciante che ha rivelato orrori e affari. Atta Wehabrebi, trafficante eritreo arrestato nel 2015 è ora divenuto collaboratore di giustizia. E le sue parole sono state accompagnate dai fatti: il pentito ha consegnato alla squadra mobile di Palermo e dello Sco, foto e video che testimoniano come, tra gli altri fiorenti business del racket dell’immigrazione che opera dall’altra parte del Canale di Sicilia, ci sia anche il traffico d’organi. Chi, tra i rifugiati che sbarcano a migliaia, è in grado di garantire pagamenti cash per la rete dei trafficanti ha le porte aperte. Case sicure dove rifugiarsi, documenti falsi, pulmini pronti per l’ultimo tratto del viaggio verso i paesi del nord Europa, dalla Danimarca alla Gran Bretagna.
Ma per chi non può pagare, c’è un altro destino, terribile: “Queste persone che non possono pagare vengono consegnate a degli egiziani che li uccidono per prelevarne gli organi e rivenderli in Egitto per una somma di circa 15.000 dollari. In particolare questi egiziani vengono attrezzati per espiantare l’organo e trasportarlo in borse termiche”. Inoltre, stando alle dichiarazioni dell’eritreo il network dei trafficanti in Libia “ha a disposizione armi in quantità, tra cui Kalashinikov, pistole Makarov ed altro tipo di armi”. E, poi, il giro di certificati che i trafficanti di uomini libici riservava alle famiglie più abbienti: da 10 a 15.000 euro in più per un attestato di matrimonio falso che garantisce di arrivare in Europa via terra o, a seconda delle zone di provenienza, anche in aereo, senza rischiare la vita su gommoni. Centinaia di persone avrebbero dunque finto di doversi ricongiunge a mariti o mogli già residenti in Europa.
A Palermo funzionavano i centri clandestini utilizzati dall’organizzazione criminale per smistare i rifugiati. C’era un ritrovo dalle parti della centrale piazza Ballarò, mentre in vicolo Santa Rosalia era attivo un magazzino dove vengono concentrate le persone in procinto di partire per il Nord Italia. Nella piccola profumeria di Via Volturno a Roma c’era la centrale finanziaria. Come ha raccontato Atta ai magistrati della Dda di Palermo, centinaia di migliaia di euro venivano consegnati da Dubai o Israele. E proprio nella profumeria lo scorso 13 giugno, sono stati sequestrati 526.000 euro e 25.000 dollari in contanti. Traffico di uomini, di organi ma anche di droga. Sui barconi, insieme alle migliaia di persone spedite dalla Libia, i trafficanti facevano arrivare anche droga, una sostanza stupefacente chiamata chitarra, proveniente dall’Etiopia.
L’ex scafista condannato a 5 anni ha deciso di dire tutto “perché ci sono stati troppi morti in mare”, in particolare dopo la strage al largo di Lampedusa del 3 ottobre 2013, quando le vittime furono 366 e con la quale afferma di non avere nulla a che fare. L’operazione ha portato al fermo di 38 persone: 25 eritrei, 12 etiopi e un italiano. Gli arresti sono stati eseguiti dalla polizia di Stato nelle province di Palermo, Roma, Viterbo, Agrigento, Catania, Trapani, Milano, Lecco, Macerata e Genova. Contestati i reati di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, all’esercizio abusivo dell’attività di intermediazione finanziaria, nonché di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, tutti aggravati dal carattere transnazionale del gruppo criminale.