“Rivendichiamo il diritto di governare, perchè abbiamo vinto”. Parole chiare quelle pronunciate ieri dal premier spagnolo uscente e leader del Pp, Mariano Rajoy, davanti a una folla di sostenitori festanti davanti alla sede del partito in calle Genova. “Da domani (oggi, ndr) inizieremo a parlare con tutti”, ha aggiunto, in vista della formazione di un futuro Governo. Le elezioni spagnole, infatti, hanno – ancora una volta – disegnato uno scenario difficile da portare avantiu.
AL SENATO – Il Pp di Mariano Rajoy ha conquistato la maggioranza assoluta nel Senato di Madrid con 130 seggi su 208, davanti a Psoe (43) e Podemos (16). Rispetto al Senato uscente il Pp cresce di 6 seggi, il Psoe ne perde 4. I senatori in Spagna non votano la fiducia al Governo ma sono decisivi nelle riforme costituzionali.
AL CONGRESSO – Al Congresso, però, la situazione è notevolmente differente. I popolari si confermano primi con 137 seggi su 350 (13 seggi più che a dicembre) e con il 33% dei voti. Non abbastanza però per la spinta decisiva. Per il resto lo scenario è immutato, o quasi. Soprattutto a sinistra. Il tanto sognato storico “sorpasso” di Podemos sui socialisti è rimasto una chimera da exit-poll e da sondaggi della vigilia. La formazione di Pablo Iglesias (alleata con Izquierda Unida) ha ottenuto il 21,1% e 71 seggi, gli stessi di sei mesi fa quando però si presentò da solo. E a spoglio concluso il leader deve ammettere che la prestazione del suo partito “non è stata soddisfacente” e che la “perdita di consenso per il blocco progressista” lo preoccupa non poco.
Il Psoe di Pedro Sanchez si conferma la seconda forza ma deve fare i conti una leggera flessione: ottiene il 22,7% dei voti e 85 deputati contro i 90 del Congresso uscente. Si salva comunque dal disastro annunciato dai sondaggi. Quello descritto dai dati ufficiali è uno quadro dunque diverso da quello pronosticato dagli ancora una volta sconfessati exit-poll, che davano Unidos Podemos secondo e i socialisti al terzo posto per la prima volta dopo il ritorno della democrazia nel 1977. Anche con queste proiezioni, però, veniva a delinearsi un Paese senza una maggioranza in grado di governare.
C’è infine da registrare il tonfo della formazione di centrodestra anti-casta di Ciudadanos, guidata da Albert Rivera: racimola 32 seggi e il 13%, ma il botto è notevole se si pensa che alla prima prova nella sua storia ne aveva conquistati 40. Probabile che i suoi voti siano stati drenati dai popolari.
TUTTI GLI ALTRI – I partiti nazionalisti e indipendentisti catalani e baschi mantengono le loro posizioni nel Congresso dei deputati di Madrid alle elezioni politiche di ieri. I repubblicani di sinistra catalani di Erc sono il primo dei ‘piccoli’ partiti presenti al Congresso – dopo i quattro “grandi” nazionali Pp, Psoe, Podemos e Ciudadanos – con 9 seggi, davanti all’altro partito indipendentista catalano, Cdc, con 8. Fra i partiti baschi i nazionalisti del Pnv ottiene 5 seggi, gli indipendentisti di Bildu 2. Coalicion Canaria conserva il seggio che aveva conquistato nel dicembre scorso.
Il partito socialista spagnolo, alle elezioni politiche di oggi, ha ottenuto il suo peggiore risultato storico in seggi nel Congresso dei deputati, riferisce la tv pubblica Tve. Rispetto alle politiche di dicembre, che già avevano fatto toccare ai socialisti il livello più basso dalla fine della dittatura franchista, il Psoe ha perso 5 deputati (85 contro 90) e mezzo milione di elettori.