Continua, in Gran Bretagna, la fibrillazione politica scatenata dal voto del 24 giugno che ha decretato l’uscita dall’Unione europea. Tanto che già si parla di un nuovo referendum. È partita, infatti, una petizione per una nuova consultazione che ha superato già il milione di firme, 1milione e 300mila, secondo quanto si legge sul sito del governo britannico. Un numero di accessi talmente alto che a un certo punto è andato in tilt il sistema. I firmatari chiedono la promulgazione di una nuova legge che prescriva la ripetizione del referendum. Ciò sarebbe possibile perché secondo la legge inglese, in caso di un risultato con un margine di vantaggio del “Leave” o del “Remain” inferiore al 60% e che abbia come condizione minima un’affluenza alle urne non inferiore al 75%, è possibile ripetere la consultazione popolare. Le petizioni inviate al Governo e al Parlamento che raccolgono almeno 100mila firme vanno automaticamente considerate per un dibattito parlamentare.
Ma non basta. Perché l’uscita dall’Europa, ha risvegliato il sentimento nazionalista anche della Scozia. Un secondo referendum per l’indipendenza scozzese, infatti, è “un’opzione concreta”, come dichiarato dal first minister, Nicola Sturgeon. Il Governo scozzese chiederà di avviare “discussioni immediate” con Bruxelles “per proteggere il posto nell’Unione Europea della Scozia” che s’è espressa a favore dell’Europa.
Nel frattempo, in pieno fermento anche le manovre all’interno dei due partiti più importanti, laburisti e conservatori. Jeremy Corbyn (che invita il Paese “a unirsi dopo la divisiva campagna sul referendum”), si dice pronto a ricandidarsi alla guida del partito laburista, se la sua leadership fosse messa in discussione. Il Times, invece, rivela una fronda interna al partito conservatore per evitare che Boris Johnson, l’ex sindaco di Londra leader della campagna pro-Brexit, diventi primo ministro dopo le dimissioni di David Cameron.