È possibile litigare se l’oggetto del contendere è un assegno regolare? Certo, se di fronte si trovano Papa Francesco e il presidente argentino Mauricio Macri. Bergoglio, infatti, ha fatto rispedire al mittente una donazione del governo del suo Paese di 16 milioni e 666mila pesos, pari a poco più di un milione di euro, destinata alla fondazione internazionale di diritto pontificio Scholas occurrentes, una organizzazione voluta dal futuro Papa quando era arcivescovo di Buenos Aires per promuovere l’integrazione sociale.
Un’associazione cui Bergoglio, dunque, tiene molto. Ed ecco allora che il presidente argentino deve aver pensato che fare una donazione alla fondazione fortemente voluta da Francesco e che ha base a Buenos Aires lo avrebbe aiutato a sciogliere i rapporti attualmente gelidi col Papa.
E invece tutt’altro. Secondo la ricostruzione del Fatto Quotidiano, Francesco si sarebbe a dir poco infuriato sentendosi strumentalizzato da questa donazione. Secondo la puntale ricostruzione del vaticanista Andrea Tornielli, che ha scritto insieme con Bergoglio il primo libro intervista del Papa latinoamericano, Il nome di Dio è misericordia, Francesco avrebbe spiegato ai responsabili di Scholas occurrentes che “il governo argentino deve rispondere a tante necessità del popolo, non avete diritto di chiedergli un centesimo. Dio sempre provvede attraverso la divina provvidenza”. Ma Bergoglio sarebbe andato oltre precisando, con un post scriptum, di non aver gradito quel “666” scritto sull’assegno di Macri, il numero diabolico per eccellenza. Va detto, a questo proposito, che il governo argentino non ha avuto responsabilità nello stabilire quella cifra, che era invece una precisa richiesta di Scholas occurrentes, corrispondente alle spese necessarie per ristrutturare la sede centrale della fondazione in Argentina e per l’assunzione di 36 impiegati.