Pensare già al dopo-Giachetti. Cercando una strategia vincente per tornare al Campidoglio. Il Partito democratico di Roma sta attendendo gli ultimi giorni prima del ballottaggio come un supplizio inevitabile in attesa di certificare la sconfitta. Del resto il raggiungimento del secondo turno ha scongiurato il naufragio totale, che avrebbe creato sconquassi. E tanto basta. I dirigenti dem capitolini, comunque, preferiscono non spendersi troppo negli ultimi giorni prima del voto. Vogliono evitare di mettere la propria faccia su un ko. “Giachetti ha fatto il massimo. Ma bisogna essere realisti: è impossibile immaginare la rimonta sulla Raggi”, ammettono negli ambienti del Pd. “Bisogna solo comprendere il divario per fare una valutazione sullo spostamento dei voti”, dicono. Un clima da analisi della sconfitta anticipata. Ma c’è già una parziale consolazione alimentata dai dubbi sulla capacità di un’amministrazione del Movimento 5 Stelle: “Entro dodici mesi bisogna prepararsi a nuove elezioni, i 5”, dicono in privato i vertici del partito romano. E questo discorso pone già un ulteriore problema: bisogna individuare il “Mister X”, il candidato da proporre per il Campidoglio.
Identikit del candidato
Inutile dire che per il Pd di Roma il nome perfetto sarebbe quello di Nicola Zingaretti, attualmente presidente della Regione Lazio. Nonostante l’inchiesta di Mafia Capitale abbia scosso le fondamenta del partito romano, lui è riuscito a restare illeso. E sta continuando a governare con uno schema di alleanza che include anche la sinistra radicale. Del resto nella storia è scritto che proprio Zingaretti avrebbe dovuto correre per il Campidoglio nel 2013 sfidando Gianni Alemanno, tanto che nell’estate 2012 aveva già annunciato la candidatura alle primarie di Centrosinistra. Le cose sono però andate diversamente: Zingaretti ha sterzato, in direzione Regione, dietro la richiesta del partito. Un dirottamento che, con il senno di poi, ha provocato pesanti danni ai dem, che hanno visto vincere Ignazio Marino alle primarie, vivendolo con insofferenza come un marziano sin dal primo giorno da sindaco. Il finale è cronaca recente. Ma allo stato attuale Zingaretti evita di farsi vedere troppo impegnato nelle beghe di partito. E non è disposto a far conoscere le intenzioni per il futuro: meglio tenere le carte coperte. Anche perché la sua ambizione reale sarebbe quella di provare il balzo sulla ribalta nazionale, a patto che si possano determinare le condizioni ideali.
E Giachetti è contento
E Roberto Giachetti che fa? Protesta per il sostegno blando? Macchè. Lui è uno dei pochi a credere nella rimonta. Dopo la partita Italia-Belgio, con l’inattesa vittoria degli azzurri, ha ironizzato (ma non troppo): “A volte chi parte sfavorito alla fine vince”. Insomma, ci sta mettendo anima e corpo in campagna elettorale per provare “l’impresa”, come l’ha definita lo stesso Matteo Renzi durante l’analisi del primo turno della amministrative. E il vicepresidente della Camera è addirittura contento che il Pd sia meno attivo di quanto dovrebbe: per lui è meglio giocare la partita in solitaria, mettendo in campo la sua immagine e la sua storia personale. Del resto, chissà: con un buon risultato al ballottaggio potrebbe essere proprio lui a ricandidarsi al prossimo giro. Anche se oggi dice: “Dobbiamo votare adesso. Io ho scelto di candidarmi e adesso voglio governare”. E potrebbe chiedere di farlo in futuro, avendo già sulle spalle una campagna elettorale.