La conquista di Roma è vicina. E nel Movimento 5 Stelle già iniziano le scintille sulla leadership nazionale: l’eventuale vittoria di Virginia Raggi equivarrebbe a una scossa per gli equilibri interni. Perché il risultato nella Capitale sarebbe da intestare in gran parte al vero sponsor della candidata pentasetllata: Alessandro Di Battista. Il deputato, secondo i suoi sostenitori, avrebbe tutto il diritto di rivendicare il ruolo che si è ritagliato il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, quello dell’aspirante premier. “Mentre Di Maio parlava del sesso (in riferimento a un’intervista rilasciata dai toni pop, ndr), Di Battista faceva campagna elettorale sul territorio al fianco della Raggi”, ha fatto notare un esponente romano del M5S. E la differenza si è vista nelle urne facendo il raffronto con Napoli, dove Matteo Brambilla è franato sotto il 10%. Dibba ha saputo gestire con maestria la situazione a Roma, evitando di scontentare due big come Roberta Lombardi e Paola Taverna, inserite nello staff di supporto alla Raggi. “Di Battista ha dimostrato la capacità di gestione dei rapporti interni, evitando la tentazione di accentrare tutto su di sé”, spiega un profondo conoscitore del Movimento.
FUORI DAL RACCORDO
Il 35% di Roma e il 31% di Chiara Appendino a Torino esaltano gli animi. Certo, bisogna attendere i ballottaggi. Ma i dati sono comunque impressionanti. Tuttavia, dietro le celebrazioni dei trionfi, tra i pentastellati si ragiona sui numeri per capire gli equilibri interni. E si prende atto di alcuni fallimenti. Soprattutto a Napoli, la città di due esponenti di primo piano dei 5 Stelle: Luigi Di Maio e l’altro componente del direttorio, Roberto Fico. Entrambi sono usciti indeboliti, visto che il candidato del M5S Brambilla ha chiuso sotto il 10%. Lo scorso anno, alle Regionali, i 5 Stelle avevano ottenuto più del 25% nel capoluogo campano. “C’è l’effetto de Magistris, che è riuscito a conquistare una parte del nostro elettorato. Ma bisogna capire come sia stato possibile perdere il 15% dei voti in un anno”, ragiona una fonte interna del Movimento. Sulla graticola finisce quindi Di Maio, per una responsabilità oggettiva, ma ancora di più Fico, che a Napoli ha un ruolo maggiormente organizzativo. La difesa di ufficio – sulla crescita rispetto all’1% di cinque anni fa – regge poco.
MALE I FEDELISSIMI DI GRILLO
Un altro dato è finito sul tavolo di studio dei 5 Stelle. I fedelissimi di Beppe Grillo sono usciti male dal voto di Milano e di Bologna. Gianluca Corrado, candidato al posto di Patrizia Bedori (rimossa per lo scarso appeal mediatico), ha raggiunto appena il 10%, finendo a oltre 30 punti da Giuseppe Sala e Stefano Parisi. Nessuno immaginava potesse competere per la vittoria, ma neppure che il divario fosse così ampio. Qualche spiegazione dovranno darla anche i parlamentari Paola Carinelli e Manlio Di Stefano, responsabili sul territorio lombardo. Ancora peggio è andata a Bologna con Massimo Bugani, un “grillino” della prima ora, indicato come la figura che ha gestito le epurazioni dei dissidenti emiliani, sin dai tempi di Favia. Sotto le Due Torri il ballottaggio era raggiungibile, come testimoniavano i sondaggi pre-elettorali. Ma il risultato delle amministrative ha emesso un verdetto chiaro: Lucia Borgonzoni della Lega ha staccato di oltre 5 punti l’esponente dei 5 Stelle. Resta una consolazione per i delusi: da Milano a Napoli, i problemi saranno congelati. La priorità è ora data agli storici ballottaggi di Roma e Torino.