Andare oltre Alfano. E puntare sul Partito della Nazione con interlocutori fedeli. E che hanno meno pretese. Matteo Renzi sta preparando la grande manovra con una ragione, a suo modo di vedere, fondata: negli ultimi tempi il leader del Nuovo Centrodestra, nonostante percentuali di consenso inferiori al 4%, ha avanzato troppe richieste, come le modifiche al ddl Cirinnà sulle Unioni civili. Allora molto meglio avere un Denis Verdini come alleato: il presidente del Consiglio lo conosce da anni e il rapporto è sempre più saldo dopo gli ammiccamenti dell’ultimo periodo. “Addirittura Verdini è stato sdoganato in televisione, con due pesi massimi come Giannini e Travaglio a celebrare la cerimonia”, ha affermato un parlamentare della maggioranza.
SCELTA VERDINI
Insomma, l’operazione di fusione tra ciò che resta di Scelta civica e il gruppo di Alleanza Liberalpopolare-Autonomie (Ala) non arriva in maniera casuale. Il viceministro dell’Economia e segretario di Sc, Enrico Zanetti, da tempo sta conducendo un’offensiva verso Alfano, dicendo tutto il male possibile dei Ncd. E avendo allo stesso tempo parole molto tenere nei confronti di Verdini. Rientra in questo contesto il progetto dei Moderati, vagheggiato proprio da Zanetti. “Non è altro che un modo per mettere insieme i pezzi centristi necessari a Renzi per il futuro Partito della Nazione o forse una Coalizione della Nazione”, rileva un esponente della minoranza dem, attenta a cogliere i movimenti di avvicinamento tra “Denis e Matteo”. Del resto proprio Alfano ha parlato di “un’alleanza che il Pd ha sancito per i fatti suoi ed è sotto gli occhi di tutti. Solo dei minuetti interni al Pd impongono ogni volta di cambiare gli aggettivi senza però riuscire a modificare i sostantivi che descrivono la realtà”. L’unico problema, residuale, è quella di risolvere la questione interna a Scelta Civica: nel partito fondato da Mario Monti c’è una parte, capeggiata dal vicecapogruppo alla Camera Bruno Molea e dall’ex vicepresidente di Confindustria Alberto Bombassei, fortemente contraria all’abbraccio con Ala. Ma in qualche modo la questione verrà risolta. Perché Renzi vuole rottamare Alfano.
BYE BYE ANGELINO
Il ministro dell’Interno ha annusato l’aria. E ha già annunciato le sue intenzioni per il futuro post referendum: la nascita di “un nuovo movimento politico di impronta liberale e popolare, al quale stiamo già lavorando, che andrà oltre Ncd e punterà a rappresentare quei milioni di italiani che non vogliono votare Pd, ma non accettano la leadership di Salvini”. Certo, nulla di nuovo sotto il sole rispetto alle solite parole. Ma di sicuro si tratta di un’apertura verso Silvio Berlusconi, con cui i rapporti si stanno lentamente ricucendo dopo la lacerazione causata dalla scissione. Un riavvicinamento più dettato dalle necessità che da una reale volontà di un “ritorno al passato”. Da un lato Silvio Berlusconi osserva i sondaggi in affanno che danno una Forza Italia stabilmente alle spalle nella Lega nel centrodestra, dall’altro Alfano prende atto che Renzi non fa sconti nemmeno a un alleato sostanzialmente affidabili. Perché il Rottamatore vuole trattare il meno possibile. Allora bisogna fare di necessità virtù. Peraltro un dato politico non è passato inosservato: a Roma e Milano, i due più importanti Comuni al voto alle amministrative di giugno, Nuovo Centrodestra e Forza Italia sono già alleati sostenendo le candidature di Alfio Marchini e Stefano Parisi.