Un Paese che guarda solo indietro è difficile che faccia passi avanti. E a sentire le ultime cronache dai Palazzi qui siamo ancora al dopoguerra. Al centro del dibattito sulla Riforma costituzionale c’è l’associazione dei Partigiani mentre a Roma nella campagna elettorale irrompe il tema della strada da dedicare ad Almirante. Si parla del passato per non parlare di futuro. Senza soldi è difficile spiegare come tappare le buche e non come chiamare le strade. Una musica che non cambia sulle riforme. L’ostilità dei Partigiani sarebbe minima se oggi avessimo davanti una riforma fatta bene. Cosa che invece non è, al di là del refrain con cui Renzi e il ministro Boschi sostengono il contrario. Una facile prova sta nel comitato di 200 costituzionalisti messi in campo per contestare alcuni dei massimi esperti sulla nostra Carta costituzionale schierati per il no al Referendum. Tra questi 200 nomi testimonial per il sì vediamo di tutto, dagli storici agli economisti, fino ai sociologi, ma di costituzionalisti – seppure rilevanti – se ne vedono pochi. Perciò si finisce per parlare di strade e partigiani.
L'Editoriale