C’è qualcuno interessato al vero motivo per cui l’economia italiana soffre così tanto (a parte le troppe tasse)? A parole sì, ma nei fatti poi non accade niente, perché c’è un dato chiarissimo sotto gli occhi di tutti: tra dicembre 2011 e febbraio 2016 il credito alle imprese si è ridotto di 112 miliardi. Un calo impressionante. Equivale a un taglio di oltre l’11%. Ma questo calo si trasforma addirittura in un crollo per le imprese artigiane che, nell’arco degli stessi 50 mesi, hanno subito un taglio vicino al 20% allo stock di credito erogato dalle banche passando da 55,6 miliardi a 44,8 miliardi. Una situazione che non è cambiata nemmeno dopo gli interventi della Banca centrale europea. A Francoforte il presidente Mario Draghi ha fatto bene ad aprire il rubinetto, ma non è riuscito a dissetare le piccole imprese italiane che, anzi, per paradosso hanno visto aumentare l’arsura.
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IGNORATO DRAGHI – Dal settembre 2014, quando sono partiti gli interventi della Bce, allo scorso febbraio la forbice del credito, fra le imprese con più di 20 dipendenti e quelle sotto i 20 dipendenti, si è ulteriormente divaricata. Le imprese superiori ai 20 dipendenti, infatti, mostrano una crescita tendenziale del credito su base annua pari al +0,7% a fronte di una riduzione tendenziale, sempre su base annua, pari al -1,7% per le imprese fino a 20 dipendenti. Se in tutta Europa ha piovuto, insomma, in Italia negli anni di crisi ha diluviato, soprattutto perché il nostro Paese era, ed è ancora, più banco-centrico dei concorrenti, e principalmente per mancanza di alternative. Altrove esistono, infatti, strumenti come le banche d’investimento e per lo sviluppo tagliate su misura per piccole e medie imprese: è il caso della Francia, della Germania, del Regno Unito. Nella prima parte della crisi, gli anni tra il 2008 e il 2010, il sistema dell’associazionismo ha reagito tessendo un nuovo rapporto tra le banche e le imprese. È stata una strategia che ha condotto a una ripresa del credito facilitata da accordi e convenzioni. Ma a interrompere questo circolo virtuoso sono arrivate come un maglio le nuove regole internazionali sul credito.
RIFORMA URGENTE – Ma da questa situazione che sta strangolando le piccole imprese si può ancora uscire? Sì, secondo quanto emerso dal convegno “Una nuova finanza per le piccole imprese” organizzato ieri dalla Cna nazionale, al quale hanno partecipato tra gli altri il direttore generale di Artigiancassa Francesco Simone, il vice ministro dell’Economia Enrico Morando, il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini e il presidente nazionale della CNA, Daniele Vaccarino. Utilizzando una ricerca condotta su 16mila imprese è emerso che il credito resta un nodo dolente che però potrebbe essere sciolto tornando a un coinvolgimento delle associazioni di rappresentanza, in funzione di conoscitrici e garanti delle imprese con un sistema bancario più disponibile a tornare a concedere il credito.