L’allarme, lanciato dalla Federazione dei medici di medicina generale (Fimmq), non è roba da poco. A parlare è il segretario Giacomo Melillo, secondo cui le aste che le Regioni intendono bandire per acquistare “farmaci terapeuticamente equivalenti” si tradurranno nell’addio alla rimborsabilità per circa 1.500 specialità medicinali, in particolare per curare ipertensione e depressione. Con evidente e conseguente danno per tutti gli assistiti.
La stretta è dettata dalla preoccupazione per lo sforamento della spesa per i farmaci ospedalieri e viene tradotta in pratica dalla determina 458 dell’Agenzia del Farmaco (Aifa), che consente di acquistare “al miglior prezzo” i farmaci che rientrano nella classificazione “ATC di 4° livello”, gruppo in cui si trovano ad esempio “gli antidepressivi inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina” ma anche farmaci contro l’ipertensione arteriosa, molto diffusi tra gli anziani.
Denuncia Melillo: “Solo quello che batterà all’asta il prezzo più basso resterà mutuabile, mentre tutti quelli cosiddetti ad equivalenza terapeutica diventeranno a totale carico degli assistiti. Esenti compresi”. In soldoni, sotto la scure finirà circa la metà dei 2.700 farmaci a regime di dispensazione ospedaliera o a distribuzione “per conto” in farmacia (la Asl acquista, il malato ritira).
Si tratta, per Milillo, “di una norma inaccettabile, che toglie qualsiasi autonomia prescrittiva ai medici e tratta i pazienti come un gregge. Proprio mentre la ricerca scientifica punta verso terapie sempre più personalizzate”. La determina, fanno sapere dalla Fimmq, è datata 31 marzo e la settimana scorsa è stata sospesa per 90 giorni per tener conto delle “possibili criticità”. Se ne riparla, dunque, a settembre. Ma il rischio, semmai dovesse entrare concretamente in vigore, resta alto.