Che delirio su TeleRenzi. Nicola Porro chiude e diventa il re della lobby del piagnisteo tra tv, radio e petizioni. Neanche fosse Aung San Suu Kyi

Nel contesto di delirio del mondo del giornalismo, Nicola Porro è sceso in campo sostenuto da un movimento molto ramificato: la lobby del piagnisteo.

Ci mancava pure questa. Nel contesto di delirio in cui ormai troppo spesso finisce il mondo del giornalismo nostrano, Nicola Porro è sceso in campo sostenuto da un movimento a quanto pare molto ramificato: la lobby del piagnisteo. Neanche fosse un perseguitato politico di qualche regime dittatoriale anni ‘70 del terzo mondo, il giornalista si è trovato ad alimentare un bel coro di proteste contro la cancellazione da Rai2 di Virus, il programma di approfondimento politico che conduceva dal 2013.

La scansione degli interventi è impressionante. Ieri intervista sul Corriere della sera, nel corso della quale il giornalista ha riferito che “alla Rai non è più chiara la missione, che sarebbe fare informazione”. Poi la stoccata ai vertici di viale Mazzini: “Quando Campo Dall’Orto parla non si capisce cosa vuole dire”. Il giorno prima è andata in scena un’intervista a La Zanzara su Radio24, quindi gruppoSole24Ore. Qui il tono è ironico, ma le lamentele sono le stesse. “Fosse accaduto con Berlusconi sarei stato un eroe, parlerebbero di un editto contro Porro”, ha incalzato il giornalista, “invece sto morendo nell’indifferenza completa, sono uno sfigato”. Ripetiamo, tono scherzoso, comunque utilizzato per far girare la sua rimostranza.

Negli stessi momenti Porro trovava sponda in Selvaggia Lucarelli, su radio M2O, nel corso della trasmissione Stanza Selvaggia. “Non voglio fare la vittima”, ha premesso in quell’occasione tra il serio e il faceto, “non sono uno che si piange addosso, ma ovviamente mi hanno fatto fuori”. Ancora, qualche giorno fa, ironizzando sul suo profilo Facebook a proposito delle promesse fiscali di Matteo Renzi, Porro ha sarcasticamente messo insieme tre concetti: “via Equitalia”, “via bollo auto”, “negli stessi momenti hanno deciso pure di abolire Virus”.

Non finisce qui, perché bisogna anche considerare il supporto fornito dalla carta stampata. Il 17 maggio su Libero Vittorio Feltri ha firmato un articolo dal titolo “Il programma va bene? Lo chiudono”. Il 13 maggio era arrivato Il Foglio, con un commento intitolato “Meglio tenersi un virus”. Il 12 maggio era stato il turno del Messaggero, con un’intervista a Michele Anzaldi, componente Pd della Commissione di vigilanza Rai, il cui concetto veniva riportato forte e chiaro: “Errore chiudere Virus, regalo alla concorrenza”. Il culmine però forse si è raggiunto qualche giorno fa, quando sempre sul suo profilo Facebook il giornalista ha postato una petizione lanciata (non da lui) su Change.org, dal titolo “No alla chiusura di Virus”.

Insomma, neanche Porro fosse Aung San Suu Kyi. Per carità, nessuno discute le sue capacità giornalistiche e televisive. Ma è inutile prendersi in giro. In Rai non si entra a condurre programmi per merito. E Porro, che è bravo, ci è arrivato anche perché vicedirettore del Giornale berlusconiano. O vogliamo forse credere che se fosse stato il più bravo giornalista d’inchiesta del “Corriere del Pizzicagnolo” gli avrebbero affidato un programma a viale Mazzini? Nemmeno un bambino ci crede. Alla Rai si arriva con certi meccanismi. E con gli stessi meccanismi si viene fatti fuori. Semmai, allora, sono da prendere di mira i sistemi di reclutamento ed esclusione di un’azienda tv che su questo ha fatto pochi passi avanti. Tra l’altro, volendo ragionare in termini di “epurazione”, che dovremmo dire di tutti quei giornalisti messi a spasso senza troppi complimenti e senza poter disporre della grancassa mediatica di Porro? La realtà è che da Virus, bello o brutto che fosse, non dipendono le sorti del mondo. È un programma tv. Sul terreno rimane l’impressione che, forse anche sull’onda emotiva, il giornalista in queste ore sia diventato uomo di punta della lobby del piagnisteo. Ennesima prova, purtroppo, di una categoria giornalistica vanesia, autoreferenziale, che si crede al centro del mondo. E che invece rischia di allontanarsi sempre di più dalla realtà che vivono tutti gli altri.

Tw: @Ssansonetti