Mancano venti giorni alla fine delle primarie Usa 2016. E Hillary Clinton vede il traguardo della nomination dei democratici con un crescente affanno: è vero che la striscia di sconfitta è stata interrotta in Kentucky, dove ha strappato il successo per una manciata di voti. E grazie a un imponente impegno in campagna elettorale, sia in termini economici che di comunicazione. Hillary Clinton ha ottenuto il 46,8% delle preferenze contro i 46,3% del senatore del Vermont, Bernie Sanders. Ma d’altra parte per l’ex First Lady l’esito elettorale è stato catastrofico nell’Oregon, come del resto era previsto: l’avversario – il candidato definito socialista – ha portato a casa il 53,6%, lasciandola al 46,4%. Insomma, per una vittoria faticosa c’è una batosta.
L’ultima tappa è fissata per il 7 giugno, quando si voterà in altri 7 Stati, compresa la California che mette in palio 546 delegati e il New Jersey con un bottina di 142 delegati. Solo un colpo di scena clamoroso potrebbe rovesciare la situazione. Ma adesso Sanders quasi ci crede, menzionando proprio una possibile vittoria in California che lascerebbe il segno. “Questo è l’inizio della spinta finale per vincere in California”, ha detto il senatore del Vermont, parlando della sua netta affermazione in Oregon.
Primarie Usa 2016: per Trump è tutto facile
Intanto sul fronte repubblicano Donald Trump non ha più rivali: il miliardario ha conquistato il 67% in Oregon distanziando di 50 punti percentuali John Kasich e Ted Cruz. La vera preoccupazione del candidato sarà quello di conquistare i vertici del Grand Old Party che continuano a vederlo come un corpo estraneo. E lui non fa nulla per sembrare diverso. In un’intervista concessa alla Reuters, Trump ha detto di voler incontrare il dittatore della Corea del Nord, Kim-Jong un. “Non avrei problemi a parlargli”, ha affermato. “E allo stesso tempo – ha aggiunto – farei pressione sulla Cina, perchè economicamente abbiamo un grosso potere da esercitare sulla Cina”. Secondo il vincitore delle primarie repubblicane “la Cina può risolvere il problema con un vertice o con una telefonata perchè a sua volta ha un’enorme influenza sulla Corea del Nord”. Una posizione che del resto aveva espresso già a gennaio.