Ogni giorno rischiano la vita sette milioni di italiani a causa delle frane e delle alluvioni. A dirlo è il rapporto di Legambiente “Ecosistema rischio 2016”, un monitoraggio sulle attività nelle amministrazioni comunali per la mitigazione del rischio idrogeologico.
Un resoconto che dimostra come l’Italia sia un Paese nel vero senso della parola fragile. Un comune su tre (31%), infatti, ha quartieri costruiti interamente in zone a rischio idrogeologico. In queste aree, nel 18% dei casi, sono presenti scuole o ospedali, nel 25% strutture commerciali.
Ma non basta. Passando alle città, a Roma e Napoli sono oltre 100mila i cittadini che vivono o lavorano in zone a rischio, poco meno di 100mila anche le persone in aree a rischio nella città di Genova. Inoltre, nonostante i rischi ormai evidenti, a Roma, Trento, Genova e Perugia anche nell’ultimo decennio sono state realizzate nuove edificazioni in aree a rischio.
Drammatici i numeri relativi alle conseguenze sulla popolazione: solo nel 2015 frane e alluvioni hanno causato nel nostro Paese 18 vittime, un disperso, 25 feriti, 3.694 persone evacuate o rimaste senzatetto in 19 regioni, 56 province, 115 comuni e 133 località.
Ma il rapporto di Legambiente va anche oltre. Nel dossier, infatti, si prendono in esame anche le risposte delle amministrazioni locali al questionario inviato ai 1.444 Comuni italiani in cui sono state perimetrate aree a rischio idrogeologico. Dodici città capoluogo hanno risposto al questionario: Roma, Ancona, Cagliari, Napoli, Aosta, Bologna, Perugia, Potenza, Palermo, Genova, Catanzaro e Trento. Ne emerge un quadro allarmante, anche perché non sembra ancora esserci la giusta attenzione per porre rimedio. Dal rapporto emerge, infatti, come solo il 4% delle amministrazioni abbia intrapreso interventi di delocalizzazione di edifici abitativi e l’1% di insediamenti industriali. In ritardo anche le campagne informative sul rischio e i comportamenti da adottare in caso di emergenza.