Papa Francesco ha espresso un concetto chiaro su cani e gatti e persone, condivisibile da chiunque possegga buon senso e non decontestualizzi le sue parole per ampliare il proprio consenso: “No a chi ama cani e gatti e ignora le sofferenze dei vicini“. Eppure è bastata questa associazione con gli animali, per far scatenare furiose critiche. Il Papa degli ultimi, coraggioso e sfrontato, si è scontrato con un dissenso che fatico a comprendere.
Non ho nulla contro chi “umanizza” i propri animali. Ho visto fotografie di cani a cui si è messo il cappellino in testa e si è preparata una torta. Passeggini adattati a cani e gatti, come se fossero neonati da portare in giro. Baci in bocca e altri atteggiamenti che – malgrado abbia sempre avuto animali – pur non condividendo, posso provare a comprendere. Gli animali sono fedeli, riempiono un vuoto, fanno compagnia. In discussione infatti non è stato messo il rapporto fra animale e padrone (o padre, madre, amico, come volete definirvi). Ma l’incoerenza con cui si gestiscono, poi, altri rapporti a prescindere dalla delusione che ci hanno causato. Perché quando si è così teneri con gli animali e immorali, superficiali, feroci con gli uomini che ti circondano, allora la miseria umana prende inevitabilmente il sopravvento. Dunque non riesco proprio a capire cosa abbia detto di sbagliato Papa Francesco.
Ho un cagnolino da quattordici anni che ho rispettato, a cui ho permesso di mantenere l’indipendenza che è nella sua natura. Ho un gatto di nome a cui però non ho dedicato un profilo fb. Ho pesci rossi che non sono la metafora di nessun silenzio familiare. Ho avuto pappagalli che ho gestito con difficoltà. Perché prendersi cura degli animali non è facile o scontato. Però non ho smesso di essere una persona di buon senso con i miei simili.
Non accarezzo il cucciolo sulle mia gambe e poi offendo Papa Francesco sui social.
Quello che vi chiede, quello che vi chiediamo tutti da un po’ in effetti, è di mostrarvi coerentemente umani.