Sarebbe la beffa delle beffe. La prova finale di 10 anni buttati al vento e di una Capitale che difficilmente riuscirà a rimettersi in moto. In ballo c’è una Fiera di Roma sull’orlo del precipizio, schiacciata sotto il peso di un debito monstre. Al punto che adesso viene fuori un’opzione a cui soltanto pochi mesi fa sarebbe stato impossibile credere. In sostanza se non si riuscirà a vendere il sito della vecchia Fiera di Roma, operazione dalla quale si attendono da anni i soldi per far fronte ai debiti bancari contratti all’epoca della costruzione della nuova Fiera, a essere messa integralmente in vendita potrebbe essere quest’ultima. Sarebbe uno smacco clamoroso, una “sconfessione” dell’inaugurazione della nuova Fiera fatta in pompa magna dall’allora sindaco Walter Veltroni nel lontano 2006. E sarebbe un’autentica resa da parte dei soci pubblici.
I FATTI – Gli ultimi accadimenti non fanno ben sperare. Il prossimo 25 maggio si sarebbe dovuta tenere l’assemblea dei creditori di Fiera Roma srl. Si tratta della società di gestione della Fiera, da qualche mese in concordato preventivo, a sua volta controllata dalla società proprietaria delle aree della nuova e della vecchia Fiera, ossia Investimenti Spa. Quest’ultima fa capo alla Camera di commercio di Roma (58,5%), al Comune di Roma (21,7%), alla Regione Lazio (9,8%) e a Lazio Innova (9,8%), società sempre della Regione guidata da Nicola Zingaretti. Complessivamente, tra Investimenti spa, Fiera Roma srl e le altre controllate, il gruppo ha sulle spalle circa 200 milioni di euro di debiti, gran parte dei quali nei confronti di Unicredit, la banca che mise a disposizione il gruzzolo per pagare i lavori nella nuova Fiera realizzati dal gruppo Lamaro della famiglia Toti. All’interno di questo calderone ci sono 30 milioni di debiti che Fiera Roma srl ha nei confronti di tutta una serie di fornitori. Proprio questi, il 25 maggio, avrebbero dovuto decidere se accettare la proposta di rimborso dei loro crediti nella misura del 30%. Nei giorni scorsi, però, il commissario prefettizio del Comune di Roma, Francesco Paolo Tronca, ha fatto capire che la sua intenzione è quella di far slittare l’assemblea. Si tratta dell’ennesimo colpo di scena, peraltro arrivato da quello stesso Tronca che viene accusato dalla Investimenti Spa di tenere bloccata la delibera di valorizzazione delle aree della vecchia Fiera, atto indispensabile alla vendita del sito. Tanto che qualche settimana fa il presidente della Investimenti spa, Luca Voglino, ha fatto ricorso al Tar contro il Campidoglio per ottenere un commissario ad acta che provveda a sbloccare la delibera con il conseguente invio alla Regione. A quanto pare secondo gli avvocati che consigliano Tronca la trasmissione di questa delibera sarebbe un atto politico, come tale da dover rimettere alla gestione del nuovo sindaco. Secondo gli avvocati di Investimenti Spa, invece, si tratterebbe solo di un atto burocratico, visto che politicamente la delibera era già stata assunta dalla giunta guidata da Ignazio Marino. Adesso, quindi, l’attesa è per la pronuncia del Tar, in calendario per il prossimo 17 maggio. Ma perché tanta fretta, peraltro dopo un decennio sprecato, visto che fra poco ci sono le elezioni e che forse tutta questa vicenda dovrebbe essere gestita da un sindaco con pieni poteri?
IL DUBBIO – La risposta logica sarebbe che Fiera Roma srl potrebbe fallire da un momento all’altro. Per questo i nuovi vertici della società sono disposti a valutare la soluzione più draconiana. “In ultima analisi si potrebbe vendere tutto”, ha rivelato ieri senza troppi giri di parole a La Notizia Pietro Piccinetti, amministratore unico di Fiera Roma. Il quale stamattina, con i vertici di Investimenti spa, ha tenuto una conferenza stampa per presentare un piano di rilancio della Fiera, “al fine di illustrare quello che può ancora diventare”. Anche Voglino, presidente di Investimenti Spa, stamattina ha confermato a La Notizia l’esistenza dell’ipotesi draconiana. “Io al momento ho sul tavolo solo offerte scritte di acquisto della nuova Fiera di Roma”, ha esordito, aggiungendo però che “le stesse offerte sono state sottoposte ai nostri soci pubblici che si sono espressi in senso contrario”. Per ora, quindi, Camera di commercio, Comune e Regione intenderebbero continuare a scommettere sulla nuova Fiera. Dopodiché, ammette però Voglino, “bisogna anche vedere l’atteggiamento di Unicredit”. Traducendo vuol dire che la banca, che ha l’ipoteca su tutte le aree della Fiera, vecchie e nuove, potrebbe decidere di fare pressing sul debitore per rientrare dei soldi prestatati. A qual punto l’extrema ratio della vendita della nuova Fiera potrebbe diventare realtà. Rimane la questione della fretta: perché procedere per forza ora, dopo 10 anni sprecati, se tra poco più di un mese ci sarà un nuovo sindaco? Sul punto Voglino spiega che la fretta è necessaria “perché non sappiamo quale sarà l’atteggiamento di Unicredit, non sappiamo cosa farà il Tribunale che sovrintende al concordato di Fiera Roma srl e non sappiamo in quali tempi il nuovo sindaco prenderà in mano la questione”. Allungamenti eventuali che, nell’interpretazione di Voglino, potrebbero essere fatali. Ma delle tre ragioni addotte dal presidente di Investimenti Spa, l’ultima sembra essere quella più incisiva. E forse nasconde il timore che il futuro cittadino possa voler vedere chiaro in tutta la vicenda. Oppure potrebbe essere un gioco delle parti, con Investimenti Spa che fa capire di avere in mano l’opzione estrema ma in realtà non vuole arrivare a esercitarla. Da questo punto di vista, infatti, c’è chi offre una lettura diversa di tutta questa improvvisa velocità. Per Mauro Mannocchi, presidente di Confartigianato imprese Roma e fino a qualche settimana fa amministratore unico di Fiera Roma, “Investimenti si vuole precostituire un alibi per vendere tutta la nuova Fiera di Roma, facendo credere che l’unico colpevole di questa situazione sia il Comune con la sua inerzia”. Invece, secondo Mannocchi, “in questi anni anche Investimenti ha fatto poco, spendendo un sacco di soldi”. Insomma, il sospetto è che ora si voglia fare svelti prima che un nuovo sindaco possa scoperchiare un vaso di Pandora. Comunque la si metta, da qualunque parte la si guardi, siamo di fronte al solito disastro all’italiana.
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