Eppur non si muove. Sulle adozioni internazionali il nostro Paese continua a mostrarsi, in una sola parola, inefficace. Soltanto poche settimane fa il nostro giornale aveva affrontato il problema, sottolineando come lo Stato non pagasse da tre anni le associazioni che si occupano di adozioni internazionali. Ma, d’altronde, non c’è da stupirsi dato che la Commissione Adozioni Internazionali (Cai), che fa capo direttamente alla Presidenza del Consiglio dei ministri, non incontra le stesse associazioni dal dicembre 2014. Tutto questo nonostante la legislazione italiana dica chiaramente che “la Commissione attua incontri periodici con i rappresentanti degli enti autorizzati al fine di esaminare le problematiche emergenti e coordinare la programmazione degli interventi attuativi dei principi della Convenzione”.
I DATI NON CI SONO, MA LE ADOZIONI SONO IN CALO – Ma passiamo alle ultime novità. Cosa mai sarà successo per rendere la situazione ancora più incresciosa? Nulla. E, nei fatti, è proprio questo il problema. La presidente della Commissione Adozioni, Silvia Della Monica aveva annunciato la pubblicazione dei dati 2014 e 2015 sulle adozioni internazionali entro aprile. Per carità: non un giorno di più. Peccato, però, non sia accaduto – come detto – nulla. Nessun dato ufficiale, niente di niente. Poco male, si dirà. Questione di tempo. D’altronde quando i dati sono positivi è lecito attendere un po’ di giorni. Già, perché la Della Monica, in un’intervista rilasciata a La Repubblica il 6 aprile scorso, aveva detto: “Le nuove statistiche verranno rese note entro la fine del mese. Ma posso già anticipare che per la prima volta i numeri ricominciano a crescere”. Evviva. I numeri crescono, dunque. Sarà stato davvero così? A rispondere alla domanda ci ha pensato l’organizzazione Vita, sempre puntuale e attenta quando si parla del mondo del sociale. Dai dati raccolti, la realtà che emerge è – purtroppo – tutt’altra cosa rispetto a quella raccontata dalla Cai e dalla sua presidente. Vita, infatti, è riuscita a censire 49 enti su 62 (in cui figurano quelli con il maggior numero di adozioni, il 79,1%), per un totale di 1.876 bambini adottati nel 2015. I dati sono in continuo calo, dunque. In picchiata, se confrontati a quelli di anni passati. Per dirne una? Solo cinque anni prima – nel 2010 – le adozioni erano 4.130. In pratica, nel giro di cinque anni, sono più che dimezzate.
Probabilmente, chissà, organizzare più incontri con le organizzazioni autorizzate sbloccherebbe la pesante situazione di stallo. Peccato però che, come denunciato già da La Notizia, nel giro di due anni si è tenuta una sola riunione della Cai. Quando? Il giorno dell’insediamento di Della Monica, ovviamente. Dopodiché il silenzio. Insomma, la situazione è nel caos più totale.
IL CLAMOROSO CASO CINESE – Ma, ovviamente, non poteva mancare la ciliegina sulla torta. Secondo quanto risulta al nostro giornale, sul sito della Cai è stata pubblicata il 27 aprile 2016 la notizia di un accordo di collaborazione in materia di adozione tra l’Italia e la Repubblica Popolare Cinese. Tutto bene, dunque? Niente affatto. Perché quest’accordo è stato concluso il 9 luglio scorso, tanto che, secondo quanto denunciato dalla Ciai (Centro Italiano Aiuti all’Infanzia) a La Notizia, tale accordo è stato sì pubblicato dall’autorità centrale cinese a tempo debito, nell’estate scorsa, mentre l’autorità centrale italiana non ne ha mai fatto menzione. Fino a pochi giorni fa, appunto. Quando, però, l’accordo era già abbondantemente scaduto.
In altre parole il Ciai e tutti gli altri enti autorizzati che si occupano di adozioni internazionali non hanno ricevuto mai avuto alcuna comunicazione da parte della Commissione governativa né rispetto all’incontro a Roma con la delegazione cinese del luglio scorso, né dell’avvenuto accordo, né di quali siano le conseguenze rispetto al nostro operato con la Cina. “Ci domandiamo – dicono ancora dal Ciai – quale sia il ruolo degli enti autorizzati in questo sistema italiano, ruolo riconosciuto come molto importante anche nelle ultime raccomandazioni dello Special Meeting de L’Aja del giugno scorso. Se gli enti autorizzati che, per legge e secondo le stesse parole della vicepresidente della commissione, dovrebbero essere coloro che mettono in pratica nei Paesi stranieri le politiche dell’adozione decise dalla Commissione, perché non vengono almeno informati di una notizia cosi importante come un accordo bilaterale?”. Domanda legittima. Cui si spera arrivi una risposta. Magari in un incontro a Palazzo Chigi, dato che non ci si vede da un anno e mezzo. In quell’occasione sì che sarà curioso sentire il #matteorisponde.
Tw: @CarmineGazzanni