Le Comunali, per ora, non esistono. Troppe le variabili in campo, soprattutto di carattere locale. Meglio concentrarsi sulla madre di tutte le battaglie: il referendum per la riforma della Costituzione. Matteo Renzi ha infatti lanciato nella sua Firenze i “comitati per il sì”. Un antipasto di quello che attenderà il Paese per almeno cinque mesi. “L’Italia due anni fa era incastrata in costante depressione politica. Poi il Parlamento improvvisamente si è svegliato ed è cominciato il processo che ha portato alle riforme”, ha affermato il presidente del Consiglio, intervenendo al teatro Niccolini. Tuttavia all’esterno un gruppo di persone, obbiligazionisti di Banca Etruria, ha dato vita a una contestazione rendendo meno dolce la cerimonia.
Il premier ha rivendicato un miracolo italiano. “Dopo 63 governi di fila, il lavoro di questi due anni ha provocato un cambiamento radicale”, a cominciare dal “Pil tornato positivo. Ma quello che stiamo cercando di fare che è molto più importante è restituire agli italiani l’orgoglio di appartenere a qualcosa di grande”.
La sfida personale sul referendum
Renzi ha praticamente ammesso che si tratta di una sfida personale. “Io non sarei mai arrivato a Palazzo Chigi se non avessi avuto una straordinaria esperienza di popolo. Ora ho bisogno di vincere la partita più grande, che non è quella del referendum di ottobre, ma quella di tornare a un’Italia che dice sì”. E ha lasciato capire quale sarà il suo cavallo di battaglia: il risparmo dei costi per Palazzo Madama. “I senatori hanno deciso di abolire il Senato. Come i tacchini felici del giorno del ringraziamento. La politica dà un grande segnale, rinuncia alle poltrone. Ora aspetto gli altri, dai sindacati agli imprenditori. Fatelo anche voi se avete la forza e il coraggio”. Dagli alleati del Nuovo Centrodestra c’è uno scontato endorsment: “Ha ragione Renzi a rilevare che la battaglia decisiva sara’ quella di ottobre che non dovrà essere una battaglia personale, ma uno scontro fra l’innovazione e la conservazione”, sostiene Fabrizio Cicchitto.
Ma dalle opposizioni sono già arrivate prese di posizione dure. Il capogruppo di Forza Italia, Renato Brunetta, ha garantito uno sforzo massimo per fermare quella che definisce una “schiforma”. “È una battaglia da fare con serietà, spiegando le ragioni concrete del nostro ‘no’, ma anche il tentativo di Renzi’di usare l’appuntamento con le urne in modo improprio per legittimarsi politicamente”. Un altro stop giunge dal fronte di sinistra con il presidente dei deputati di Sel, Arturo Scotto, che gioca con le parole per annunciare la battaglia referendaria: “Non c’è un’Italia che dice sempre sì e una che dice sempre no. C’è un’Italia che non vuole l’uomo solo al comando. Un’Italia che dice no per non dire signorsì”. Dal Movimento 5 Stelle l’approccio è molto convinto: “La riforma è un ritorno al passato. Un passato neanche lontano, quello di dieci anni fa, quando Berlusconi approvo’ una vasta revisione della Costituzione sugli stessi punti (bicameralismo, poteri del Governo, poteri delle regioni), che poi venne bocciata dai cittadini”, attacca il deputato Danilo Toninelli.
La difesa di Renzi
Nel suo intervento a Firenze, tuttavia, Renzi ha fatto capire di essere pronto allo scontro. E ha sguainato la sciabola contro i suoi avversari. “A chi ci attacca accusandoci di tradire i principi stabiliti dai padri costituenti, rispondo che invece stiamo invece correggendo un punto su cui all’epoca le forze politiche non riuscirono a mettersi d’accordo e fecero una norma transitoria dicendo ‘cosi’ non va bene’. Il bicameralismo paritario non è quello che volevano coloro che scrissero la Costituzione”.