di Francesco Nardi
Dilapidare in così poco tempo il sostegno di un’intero popolo non era una missione semplice. Eppure il segretario del Pd è riuscito nell’impresa. Dalle file ai gazebi delle primarie alla valanga di critiche che gli utenti hanno vomitato sui social network il passo è stato fin troppo breve.
Quando era il paladino della resistenza al rottamatore fiorentino, Bersani si giovava di una falange di militanti che in rete vendevano carissima la pelle. Certo, niente di paragonabile, ai giapponesi di Beppe Grillo, ma comunque si deve ammettere che il rottamando si è difeso online molto bene affrontando l’onda giovanilistica di Renzi.
Poi c’è stata la frustata elettorale e già qualcosa è cambiato. La linea ondivaga del Pd e il “non disturbate ill conducente” ha iniziato a smorzare gli entusiasmi e Bersani è apparso sempre più incompreso e solo.
L’attenzione a tratti si è spostata sui guai di Grillo, impegnato a gestire un popolo digitale di ben altre proporzioni, e così per un bel po’ il segretario del Pd l’ha sfangata. Ma quando si è impantanato nello stallo istituzionale e i giorni di criocongelazione dell’incarico di governo sono diventati più di cinquanta le crepe nel partito si sono manifestate anche nella scatola del consenso, che ha online la sua più vivace manifestazione.
L’indicazione di Franco Marini, definita come una sorpresa quando era già nota da ore nei cinque continenti, è stata infine la goccia che ha bucato la pazienza. E in un istante è saltato il tappo di una delusione che montava negli animi anche dei più affezionati sostenitori dello smacchiatore di giaguari.
Quello che non va giù è l’abbraccio con Berlusconi, e la smentita plateale del principio che l’elezione del successore di Napolitano non fosse negoziabile. Lo è stata invece – secondo la stragrande maggioranza degli utenti che hanno commentato la notizia su Twitter – ed è grave al punto da non consentire alcuna scusante.
L’opinione più diffusa riferisce che Beppe Grillo ha teso la sua trappola e che Bersani ci è caduto in pieno. Proponendo un nome irrifiutabile come quello di Stefano Rodotà, senza ovviamente garantire nulla di certo sul fronte di Palazzo Chigi, il leader dei grillini ha costretto il segretario del Pd ha svelare le sue ambizioni personali, che per molti non sono ormai più in dubbio.
Laddove si agitava l’immagine dello spettro della scissione, ora invece si parla di morte del partito senza più alcun infingimento. L’elenco di persone che hanno votato Bersani alle primarie e alle politiche e che ora annunciano di essere amaramente deluse e pentite è sterminato.
Quei timidi tentativi di difesa
La difesa degli irriducibili è costruita intorno al senso dello stallo: «Non abbiamo fatto patti con Berlusconi per oltre cinquanta giorni, perché dunque ci saremmo venduti adesso?». La risposta è corale: «Perché Grillo non ha garantito scambi per sostenere l’incarico a Palazzo Chigi, e alla fine siete corsi dal Caimano.
Di come i sostenitori del Pdl assistano divertiti a quelli che sembrano gli ultimi giorni della Pompei democratica (allmeno per Bersani) è inutile parlare, tanto è prevedibile.
Anche loro, da incudine sono diventati impietoso martello, finalmente fuori dall’angolo battono dove il dente duole di più: l’inciucio, il compromesso affatto storico, la sbragata della disperazione.
I piddini frustrati parlano di idea della sinistra per troppi anni violentata, di decessi politici ampiamente annunciati, e di candidatti tramontati molto prima della formale indicazione. Nulla viene risparmiato alla bestia ferita che nel bunker non ribatte se non attraverso chi ha l’ingrato compito di puntellare la pioggia di critiche.
Non ci stanno a farsi prendere per sciocchi, e lo spiegano in forme creative ma chiarissime: «Non guarderemo il dito del Colle, quando la Luna è a Palazzo Chigi».
Poi dopo la rabbia, tanta amarissima ironia, con tratti laconici e scontati ma anche con guizzi geniali e che valgono quanto gli editoriali dei giornaloni.
Nella corsa a raccontare questo fenomeno di popolo ci si scontra nell’imbarazzo di gestire l’espressione in libera uscita di chi lamenta esattamente questo: di aver visto la propria opinione gestita nel peggiore dei modi possibili. Una ragazza su Twitter mette una pietra tombale su ogni residuo tentativo di racconto. Una sintesi di fronte alla quale ci fermiamo anche qui: perché davvero «la realtà supera l’impaginazione».