Sui Registri tumori è il caos più totale. Prima la Terra dei Fuochi, poi l’Ilva. Dopo, ancora, l’allarme rosso per i preoccupanti livelli di inquinamento e, parallelamente, di contrazione di malattie tumorali si è sparso un po’ dappertutto. Dalla Calabria alla zona del bresciano e più in generale a tutta la Pianura Padana. Ed è lì che è arrivata la constatazione che in Italia di “terre dei fuochi” ce ne sono dieci, cento, mille. Una più piccola, l’altra più grande, ma ogni Regione si trova a dover fare i conti con dati che testimoniano uno stretto, indissolubile legame tra morti per patologie tumorali e sversamenti, illeciti ambientali, discariche nate senza controllo e senza alcun monitoraggio.
LEGGE MORTA E SEPOLTA DA 13 ANNI – Un problema, dunque, per nulla secondario. Ed è proprio per monitorare tale emergenza che nel 2003 si è pensato bene di istituire Registri Tumori su tutto il territorio nazionale, di modo da poter controllare il rapporto malattie-inquinamento sia a livello locale che, di conseguenza, a livello globale. Ergo: la legge di controllo su patologie letali come il cancro, risale addirittura a 13 anni fa. E a che punto siamo oggi? A dirlo in audizione alla Camera, solo poco tempo fa, proprio l’Airtum, l’Associazione Italiana Ricerca Tumori, che ha il compito di promuovere, coordinare e sostenere l’attività di registrazione dei tumori in Italia. Lo stato dell’arte è a dir poco imbarazzante: nessun provvedimento legislativo nazionale istruito dal 2003, infatti, “ha tutt’oggi concluso il suo iter giuridico”. Niente. Zero. E dunque, essendo venute a scadenza le deroghe previste da quel decreto-legge di 13 anni fa, “dal primo agosto 2006 i Registri tumori e ogni altro Registro di patologia operano in assenza di norme di legge nazionali o regionali che li legittimino. Questa perdurante fase d’incertezza sta progressivamente arrestando l’attività dei Registri e della rete Airtum, compromettendo il lavoro e gli investimenti pubblici prodotti negli ultimi anni”. In altre parole, dunque, non essendoci un quadro nazionale definitivo perché tutti i decreti attuativi previsti già 13 anni fa sono rimasti lettera morta, ognuno fa come vuole (seppure fa qualcosa). Col risultato che oggi non possiamo avere un quadro nazionale che faccia il punto sulle patologie tumorali.
CHE FANNO AL MINISTERO DELLA SALUTE? – Ma facciamo un ulteriore passo in avanti. Già, perché lo scoglio più grande è rappresentato dall’approvazione del piano da parte del Garante della Privacy, affinché possano essere riportati i dati di ogni paziente malato. Ebbene, questo iter, cominciato nel 2012, è andato decisamente a rilento, tanto che una prima bozza è giunta sul tavolo del Garante solo a settembre 2014, che a sua volta ha impiegato un altro anno per rispondere (luglio 2015). E come se non bastasse, a distanza di quasi un altro anno il ministero della Salute, Beatrice Lorenzin, ancora non provvede ad intervenire sul piano secondo le indicazioni che ha dato lo stesso Garante, per poi approvare in via definitiva il piano e così cominciare con un monitoraggio su scala nazionale.
IL PUNTO E I RITARDI DI BASILICATA E CALABRIA – A questo punto cerchiamo di capire quale sia la situazione ad oggi. Sono 40 i Registri accreditati che “sorvegliano” complessivamente quasi 34 milioni di cittadini. Parliamo, cioè, del 56% della popolazione. Un po’ pochi considerando il ritardo di 13 anni. Quattro altri Registri sono invece ancora in corso di accreditamento (circa due milioni di persone). Curioso, ad esempio, che la Puglia, proprio la Regione di Michele Emiliano, non abbia un Registro Tumori accreditato. E che la Basilicata, la “patria” dell’inchiesta Petrolio, abbia provveduto all’accreditamento solo pochi giorni fa, il 15 aprile. Fa niente per quei 13 anni di ritardo. Nessuno se n’è accorto.
Tw: @CarmineGazzanni
Riceviamo e pubblichiamo:
Il Registro Tumori Puglia è stato istituito nel 2008 con un Centro di coordinamento regionale e sei sezioni aziendali. Quattro registri tumori sono accreditati a livello nazionale dalla Associazione nazionale registri tumori (Taranto e Lecce dal 2013, Bat dal 2014 e Brindisi che ha ottenuto accreditamento nell’ultima riunione Airtum) e c’è la concreta possibilità che entro l’anno si completi la procedura di accreditamento di altre due sezioni. E non solo. Il Centro Salute Ambiente della Regione Puglia ha consentito il potenziamento dei registri tumori di Taranto (dal 2013) e di Brindisi e Lecce (dal 2015). Inoltre le attività dei registri tumori delle Asl di Taranto e Brindisi alimentano i rapporti sulla “Valutazione del danno sanitario” delle aree ad elevato rischio di crisi ambientale, come previsto dalla legge regionale n.21 del 2012.
La Puglia ha istituito il proprio registro nel 2008 con una organizzazione federale, prevedendo sei articolazioni locali tante quante sono le Asl sul territorio. Per gli anni 2014-2016 il centro di coordinamento è stato anche sostenuto con i fondi dell’Istituto Oncologico di Bari per il potenziamento delle funzioni di supporto e di elaborazione dati a sostegno della attività di ricerca e sorveglianza epidemiologica. Nel 2014, inoltre, il Registro Tumori Puglia ha avviato anche una attività di registrazione dei tumori infantili i cui risultati sono già stati pubblicati sulla rivista scientifica “Epidemiologia e Prevenzione”. Una sezione del Portale della Salute della Regione Puglia è dedicata al Registro Tumori: nella sezione sono presenti tutti i dati disponibili e i Registri pubblicati.
Fa piacere che la Regione Puglia sia attiva su una questione così delicata. Cionostante, per dovere di cronaca, è necessario precisare che, come riportato nel pezzo, i dati Airtum, reperibili sul sito “www.registro-tumori.it”, dicono chiaramente che il Registro regionale, pur esistendo dal 2008, non risulta tra gli accreditati. Mentre sono attivi i Registri, come precisa l’Ufficio stampa, di Bat, Lecce e Taranto. Ottima cosa gli studi e le ricerche portate avanti, ma occorre essere accreditati affinché l’attività sia più compiuta e completa. Detto questo, il punto sollevato nel pezzo è che desta legittimo stupore il fatto che i vari Governi nazionali abbiano accumulato ritardi incredibili in un piano che, invece, avrebbe dovuto avere tutt’altra priorità