A metterla sul piano personale è una vittoria di Matteo Renzi. Il referendum sulle trivelle è naufragato. Con il quorum lontanissimo. Un successo per mancanza di partecipazione, i cui effetti possono equivalere a un’esplosione. E i pezzi che vanno in ogni direzione. Il day after è caratterizzato da un clima pesante tra i renziani e i suoi avversari. A partire da quelli interni. Perché i commenti del dopo voto sono quelli di un partito già diviso. Per questo il trionfo decantato da Palazzo Chigi potrebbe rivelarsi un boomerang. “I numeri hanno un loro valore”, spiega un parlamentare sostenitore del segretario (ma non un ultrà) del Partito democratico. “Ed è innegabile che tra i milioni di elettori andati alle urne, molti siano del Pd. E noi invece di tenerli buoni li abbiamo derisi”, aggiunge. Facendo riferimento all’arroganza social che ha avvelenato il voto. Un approccio che ha creato un solco ancora più profondo tra renziani e anti-renziani.
CAOS #CIAONE – Il tweet del membro della segreteria, Ernesto Carbone, ha fatto da detonatore alle tensioni. Il suo “ciaone” rivolto ai sostenitori del “sì” ha scatenato reazioni livide. Anche perché non c’è stata alcuna retromarcia. L’ex candidato alle primarie di Milano, Pierfrancesco Majorino, ha sostenuto che Carbone senza Renzi non farebbe “nemmeno il rappresentante in un condominio”. Un altro deputato, Marco Meloni, ha detto ai dirigenti e ai parlamentari dem: “Non mi rappresentate”. Un’arietta pesante. E al confronto il giudizio del senatore bersaniano, Miguel Gotor, è stato quasi low profile: “Irridere chi vota è un boomerang da irresponsabili”. C’è anche chi, a taccuini chiusi, ha fatto notare un altro aspetto: “I dirigenti dem prendono in giro i presidenti di Regione, investiti da mandato elettorale. Ma questi dirigenti quale consenso hanno?”. E il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ci ha messo la faccia nel rivendicare i 14 milioni di voti al referendum, che sono “gli stessi voti che il Pd ha preso nel suo più grande risultato elettorale, alle Europee di due anni fa”, ha fatto notare l’ex sindaco di Bari. Ed è proprio lui la figura che in fondo più preoccupa Palazzo Chigi.
PROSSIMO REFERENDUM – Archiviato il quesito sulle trivelle, lo sguardo viene spostato in avanti. Alle elezioni comunali, certo. Ma soprattutto al referendum sulle riforme istituzionali. L’appuntamento a cui Renzi ha legato il destino della sua carriera politica. Personalizzando il voto sulla nuova Costituzione. Il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta, da buon economista, ha fatto dei conti in tasca al consenso del presidente del Consiglio. “Quella di Renzi sembra proprio una vittoria di Pirro: 16 milioni di italiani gli hanno detto ‘no’, sono andati a votare, hanno disobbedito”, ha affermato l’esponente forzista. Il ragionamento intreccia dati e storia: “Guardando al 2006, coloro che avevano detto ‘no’ alla riforma costituzionale di Berlusconi erano 20mila in meno dei quasi 16 milioni andati alle urne ieri, e quindi se si riuscisse a portare al referendum confermativo di ottobre tutti quelli che hanno votato al referendum sulle trivelle, o ‘sì’ o ‘no’, vincerebbe il ‘no’ alla ‘schiforma’ Renzi-Boschi”, ha concluso Brunetta.
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