Nessuno potrà dire più a Papa Francesco di dare l’esempio con l’accoglienza dei profughi. Perché dal suo viaggio sull’isola di Lesbo ha portato con sé 12 migranti ospiti delle strutture allestite in Grecia. “Avete fatto grandi sacrifici per le vostre famiglie. Conoscete il dolore e sono venuto qui con i miei fratelli, il patriarca Bartolomeo e l’arcivescovo Hieronimos, semplicemente per stare con voi e per ascoltare le vostre storie. Il messaggio che oggi desidero lasciarvi è non perdete la speranza”, ha affermato il Pontefice, che ha concentrato la sua giornata al Moria Refugee Camp, il campo che ospita circa 2.500 richiedenti asilo. Molte di queste persone provengono dalla Siria, ma altre sono scappate dagli orrori in Iraq e in Afghanistan. Francesco ha cercato di portare conforto, ascoltando le storie di numerose famiglie. Perché, come aveva detto durante il viaggio, la visita era segnata dalla “tristezza”, visto che “andremo anche a un cimitero. Il mare, dove tanta gente è annegata”.
L’appello da Lesbo
Francesco ha ribadito il senso del suo gesto: “Siamo venuti per richiamare l’attenzione del mondo su questa grave crisi umanitaria e per implorarne la risoluzione. Come uomini di fede desideriamo unire le nostre voci per parlare apertamente a nome vostro”. “Speriamo – ha aggiunto il Santo Padre – che il mondo si faccia attento a queste situazioni di bisogno tragico e veramente disperato, e risponda in modo degno della nostra comune umanità”.
Padre Lombardi, portavoce del Vaticano, ha ufficializzato la decisione di portare nella Santa Sede 12 profughi: “Il Papa ha voluto fare un gesto di accoglienza nei confronti dei rifugiati accompagnando a Roma con il suo stesso aereo tre famiglie di rifugiati dalla Siria, 12 persone in tutto, di cui 6 minori. Si tratta di persone che erano già presenti nei campi di accoglienza di Lesbo prima dell’accordo fra Unione Europea e Turchia. Tutti i membri delle tre famiglie sono musulmani”,