Da destra a sinistra Gianroberto Casaleggio è stato un personaggio detestato. E neppure la scomparsa – ultima occasione per mitigare i peggiori rancori – ha cancellato la distanza tra buona parte della politica italiana e il guru Cinque Stelle. Al di la di tante parole di circostanza, l’ideatore del Movimento è stato un incubo per i partiti tradizionali, apportando un’innovazione profonda non solo al meccanismo, ma allo stesso principio della rappresentanza politica. Casaleggio, infatti, aveva compreso che le tecnologie informatiche possono coinvolgere in maniera più profonda i cittadini disposti a occuparsi della cosa pubblica. Alla sua intuizione mancava però il detonatore, esploso con l’indignazione per la cattiva gestione dello Stato, la crisi e la comparsa di un leader come Beppe Grillo capace di trasformare il malcontento confinato nella rete virtuale in elettori veri. Tutto tritolo a cui Casaleggio ha appiccicato solo in un secondo momento l’avvertenza di maneggiare con cura, apportando alcune scelte dirigistiche alla selezione della classe dirigente. Eccezioni che non hanno sempre confermato la regola dettata da un indiscutibile innovatore.
L'Editoriale