Un fallimento totale. Su tutta la linea. Il vertice tra Italia ed Egitto sul caso Regeni non poteva andare peggio di com’è andata. Due giorni sono bastati per capire che Il Cairo non ha alcuna intenzione di trattare e di fornire tutti gli elementi utili necessari per capire chi ci sia dietro la morte e la tortura del giovane ricercatore italiano. Dal comunicato diramato dalla Procura di Roma, infatti, emerge la forte delusione di inquirenti e investigatori che non hanno viste soddisfatte le richieste avanzate per rogatoria l’8 febbraio scorso. Di fatto la collaborazione con le autorità giudiziaria egiziane è interrotta. Tanto che il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha richiamato l’ambasciatore al Cairo, Maurizio Massari.
IL SECONDO INCONTRO – Quella odierna era l’ultima tranche del confronto tra il pool di inquirenti italiano e quello del Cairo. Il comunicato congiunto, nel quale erano attesi gli esiti dell’incontro, nemmeno ci sarà. Gli italiani non avrebbero ricevuto, anzitutto, i tabulati delle utenze riconducibili a egiziani presenti al Cairo nel gennaio scorso, quando Regeni è sparito in circostanze mai chiarite, e neppure i filmati delle telecamere della metro e del quartiere dove viveva il 28enne ricercatore italiano.
L’Italia è però intenzionata ad andare avanti con le ricerche. “Di fronte a un fatto così grave l’Italia non può fermarsi se non quando avrà ottenuto la piena verità”, ha sottolineato ancora una volta la presidente della Camera Laura Boldrini nel corso dell’incontro, a Stoccolma, con la Ministra degli Esteri svedese Margot Wallstrom.
MANCANO I TABULATI – Ciò che ha fatto maggiormente indignare, però, è il fatto che manca lo sviluppo delle celle telefoniche dei quartieri di Gyza dove Giulio viveva ed è stato sequestrato. Secondo la ricostruzione di Repubblica, infatti, non ci sono i tabulati telefonici di almeno venti utenze di altrettante figure di interesse investigativo che, intorno a Giulio, si sono mosse prima e dopo il sequestro. Non hanno alcuna rilevanza investigativa le immagini vuote di alcune delle telecamere di sorveglianza del tratto di strada tra l’abitazione di Giulio e la metropolitana di Dokki.
C’è da dire, in realtà, che già ieri era emersa una profonda insoddisfazione da parte degli inquirenti italiani. La squadra diretta da Giuseppe Pignatone aveva illustrato i risultati dell’autopsia e l’analisi del computer di Giulio Regeni. La delegazione egiziana ha invece solo aggiornato i titolari dell’inchiesta romana dell’attività svolta successivamente al 14 marzo, giorno in cui il procuratore Pignatone e il sostituto Sergio Colaiocco si recarono al Cairo per un primo confronto. Per il resto, invece, bocche cucite. Stesso atteggiamento tenuto anche oggi. Troppo per l’Italia. La collaborazione con l’Egitto è terminata.