Qualcuno sottovoce lo diceva da tempo, anche se significava scontrarsi con i tanti che ritenevano quella opzione assolutamente remota. Ma ora nel Movimento cinque stelle, anche grazie al lavoro costante e certosino soprattutto di un nutrito gruppo di senatori, non sono pochi coloro che ritengono che l’opzione di una rielezione dell’attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarella sia tutt’altro che remota. E, anzi, da percorrere e vagliare anche dialogando con gli altri partiti.
Da questo punto di vista la giornata di ieri – soprattutto in ragione di ciò che potrebbe accadere a partire da oggi, col quorum che si abbassa al 50% più uno – è stata cruciale: i 125 voti raccolti dall’inquilino del Quirinale (leggi l’articolo) sono indice del fatto che i “mattarelliani” hanno voluto contarsi. Secondo quel che risulta a La Notizia, non tutti i voti ovviamente provengono dal Movimento, ma due terzi certamente sì.
LA CONTA. Ai quali si affiancono preferenze molto probabilmente provenienti da un’ala dem con cui già ci sarebbe un’interlocuzione in corso. Basterebbe questo per capire le ragioni per cui il nome di Mattarella non è da mettere a lato. “Ma c’è un altro aspetto a cui pochi hanno pensato – fa riflettere un deputato grillino – se Conte è stato categorico sul ‘no’ ad altri candidati, a cominciare da Mario Draghi, non ha mai detto che l’opzione della rielezione di Mattarella non siaperseguibile”.
Insomma, il non essersi mai pronunciato a riguardo significherebbe secondo alcuni che forse quest’idea non lo vedrebbe quantomeno in disaccordo. E, anzi, potrebbe tornare utile se il centrodestra non dovesse trovare intesa su alcun nome. Questo vuol dire dunque che l’ipotesi di Draghi è del tutto tramontata in casa Cinque stelle?
SUPER MARIO. Al di là delle parole di Beppe Grillo che ieri ha ribadito il no del Movimento al passaggio del premier da Palazzo Chigi al Quirinale, all’interno dei pentastellati c’è un’ala che ritiene impossibile scartare questa opzione. Certo: per nessuno sarebbe la strada preferenziale. Ma se non si dovesse giungere a un accordo, l’unico nome in grado di accontentare tutti sarebbe proprio quello dell’ex governatore della Bce. “E allora – continua il deputato M5S – l’unica garanzia che bisognerebbe avere è che non si vada ad elezioni anticipate”.
Una visione che, secondo le malelingue, sarebbe dettata da interessi personali (andare al voto significherebbe non cumulare i cinque anni necessari per il vitalizio, senza dimenticare che alle prossime elezioni si eleggerebbero molti meno parlamentari dopo il taglio di deputati e senatori voluto proprio dai pentastellati). In realtà, assicurano gli stessi Cinque stelle, di mezzo c’è la stabilità di un Paese intero: la potenziale fine della pandemia, i fondi in arrivo dall’Ue per il Pnrr, il caro bollette, e così via. Sono tutte questioni che richiedono un governo forte – come quello di Draghi – e certamente non una situazione di stallo come quella che sarebbe determinata da nuove elezioni e dalla formazione di un nuovo esecutivo.
SUL CHI VA LA’. E dunque? Una delle ipotesi prevedrebbe che al posto di Draghi arrivi a Palazzo Chigi Luigi Di Maio (la Lega, dal canto suo, se si dovesse andare avanti per questa strada preme per Giancarlo Giorgetti). Un do ut des che non dispiacerebbe affatto al Movimento (leggi l’articolo), considerando proprio i dossier che si troverebbe a gestire l’eventuale nuovo governo nei prossimi mesi. Un’occasione per dare il via all’azione di rilancio dei Cinque Stelle nel rush finale della legislatura che porterà dritto alle elezioni politiche del 2023.
La situazione, dunque, è profondamente ingarbugliata. Sullo sfondo restano tutti gli altri nomi nel pallottoliere grillino: da Paola Severino (che sta perdendo quota) fino a Elisabetta Belloni (che Conte stima profondamente). Bisognerà in ogni caso attendere le mosse del centrodestra per capire la contromossa grillina. Le ore intanto passano. Il quorum si è ridotto. L’ora “x” si avvicina. Ma difficilmente il nome vincente salterà fuori dal quarto scrutinio (qui la diretta).