Era metà novembre, nel pieno delle polemiche tra Italia e Bruxelles sulla Manovra gialloverde tra richieste di sforamento del rapporto deficit/Pil e paletti europei. Proprio in quel frangente – qualcuno lo ricorderà – Angela Merkel ed Emmanuel Macron pensarono bene di proporre all’Eurogruppo una sorta di ricatto comunitario: taglio dei fondi Ue per chiunque avesse sforato paletti stabiliti da Bruxelles. Da allora acqua sotto i ponti ne è passata: Roma ha approvato una Manovra frutto di mediazione con la Commissione europea; l’Eliseo, dal canto suo, è arrivata a uno sforamento che sarebbe incomprensibile se non fosse per la moral suasion (per usare un eufemismo) di Pierre Moscovici.
A distanza di qualche mese, però, i falchi dell’austerity ci riprovano: all’insaputa di media e nel silenzio generale, la Commissione europea ha proposto e inserito un emendamento nella programmazione Ue 2014-2020 che introduce il principio della cosiddetta “macrocondizionalità”. Di cosa parliamo? Semplice: la stessa Commissione può procedere a sanzioni e alla sospensione parziale o totale degli impegni o dei pagamenti relativi ai fondi Ue di uno Stato membro qualora, per esempio, quest’ultimo non abbia realizzato azioni efficaci per ridurre il suo disavanzo eccessivo. È evidente come la misura sia indirizzata a colpire chi, Italia in primis, ha sfidato le regole comunitarie fondate sull’austerity.
Se guardiamo al nostro Paese, in altre parole, Bruxelles potrebbe bloccare risorse fondamentali per lo sviluppo delle Regioni del Sud o per la lotta al dissesto idrogeologico, tanto per fare due esempi, se il Governo dovesse decidere di non rispettare i rigidi vincoli del Patto di stabilità. Gli unici a denunciare l’insidiosa e beffarda manovra di Jean-Claude Juncker e sodali è stato il Movimento cinque stelle. “Già nel 2017 – ricorda peraltro l’europarlamentare Rosa D’Amato a La Notizia – avevamo respinto i loro assalti con un nostro emendamento che si esprimeva sul futuro della politica di coesione chiaramente contro la macrocondizionalità”. La Commissione, però, a quanto pare non ne ha minimamente tenuto conto. E, anzi, “stavolta l’Italia e, in particolare le regioni più bisognose di fondi europei, rischiano la sospensione dei fondi se non si rispettano gli assurdi diktat dell’austerità. Stiamo parlando di miliardi di euro”.
Intanto, peraltro, l’emendamento ha fatto passi in avanti, avendo ottenuto già il primo ok del Parlamento in Commissione Sviluppo Regionale. Ora, però, la palla passa all’Assemblea plenaria che dovrà pronunciarsi definitivamente domani. E, da quel che pare, il risultato è assolutamente in bilico. “Siamo curiosi di vedere come voteranno tutti gli europarlamentari italiani, soprattutto quelli che fanno parte dei grandi gruppi: staranno dalla parte dei cittadini o eseguiranno gli ordini di scuderia di chi vuole imporre queste assurde regole? – si chiede la D’Amato – Noi siamo coerentemente contro e abbiamo presentato un emendamento di rigetto. Una sospensione dei pagamenti e degli impegni dei fondi europei non solo danneggerebbe la pianificazione finanziaria, ma porterebbe anche all’interruzione di progetti già iniziati nei territori. Diciamo no a questo ricatto contro i cittadini”.
Quel che si sa, per ora, è che i gruppi di Alde, Ppe ed Ecr sono a favore. Ciò vuol dire che teoricamente Forza Italia e Fratelli d’Italia dovrebbero votare per l’approvazione dell’emendamento, mentre il Pd potrebbe spaccarsi con l’ala più a sinistra (Sergio Cofferati, ad esempio) contraria alla norma e quella più renziana a favore. Esplicitamente contrari, invece, Cinque stelle e Lega.