Ue, Ursula punta al bis. E puntella la sua maggioranza per evitare i franchi tiratori

Ue, Ursula von der Leyen vuole la riconferma e puntella la sua maggioranza contro i franchi tiratori. Il ruolo dell'Italia.

Ue, Ursula punta al bis. E puntella la sua maggioranza per evitare i franchi tiratori

Prima i bilaterali a Bruxelles tra i leader dei 27 Paesi Ue che si sono susseguiti a ritmo frenetico, poi la riunione informale – durante una cena di lavoro – per confrontarsi sul pacchetto nomine dei vertici dell’Unione europea ma senza riuscire a trovare la quadra definitiva.

Un incontro in cui la premier Giorgia Meloni, dopo aver passato la campagna elettorale per le europee a dire che in caso di vittoria avrebbe portato a una nuova visione dell’Europa – senza però dire quale –, ha cercato di far valere il proprio peso elettorale, prospettando un appoggio al bis di Ursula von der Leyen ma chiedendo in cambio il vice presidente della Commissione Ue, un Commissario di peso – magari quello per la Difesa o quello per la Migrazione – e anche una maggiore flessibilità in vista della prossima manovra che per Roma si preannuncia ‘lacrime e sangue’.

Dal canto suo l’attuale presidente della Commissione Ue ha cercato di puntellare la ‘maggioranza Ursula’, composta da popolari, socialisti e liberali, che ne appoggia la ricandidatura alla guida della Commissione Ue. Infatti, von der Leyen – data come favoritissima – pur potendo contare sulle 406 preferenze (a fronte delle 361 richieste) date dai tre maggiori partiti europei, teme non poco i franchi tiratori che potrebbero rovinarle i piani e condurla alla sconfitta. Per questo, malgrado i paletti dei socialisti che non ne vogliono sapere, da tempo flirta con la Meloni che guida i conservatori europei.

Il blitz fallito di Meloni nell’Ue

Al di là di tutto, la strategia della premier italiana era quella di rinviare ogni decisione a dopo le elezioni francesi dove, in caso di vittoria di Marine Le Pen, avrebbe avuto una forza contrattuale maggiore. Ma il tentativo è stato disinnescato già nel pomeriggio da Charles Michel, presidente uscente del Consiglio europeo che ha convocato l’organo per una riunione formale prevista per inizio luglio.

Un pomeriggio denso di bilaterali e trilaterali in cui il Ppe, fresco di trionfo alle europee, ha chiesto la conferma di von der Leyen e di Roberta Metsola come presidente dell’Europarlamento, mentre i socialisti hanno risposto proponendo l’ex primo ministro portoghese Antonio Costa per la guida del Consiglio Europeo, e i liberali hanno avanzato la candidatura della premier estone Kaja Kallas come Alto Rappresentante Ue per la Politica estera. Insomma il vertice è sembrato subito in discesa tanto che il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha detto che essendoci una “maggioranza stabile”, l’obiettivo dei 27 è trovare un accordo “nel più breve tempo possibile”.

Tutto facile? Macché. A far capire che la partita non è ancora del tutto chiusa è stato il ministro degli Esteri ed esponente di spicco del Ppe, Antonio Tajani, che ha pesantemente messo in dubbio l’accordo tra i tre partiti della maggioranza Ursula, affermando che non si può chiudere le porte ai conservatori di Meloni e manifestando le “perplessità” di parte del Ppe su Costa “perché qualcuno teme che non sia abbastanza fermo sulla questione Ucraina”, come anche sulla Kallas che, pur essendo sostenitrice della linea dura contro Vladimir Putin, non è granché interessata a quanto accade “in Medio Oriente e nel sud dell’Europa”.

L’Ue non cambia

Ma non è tutto. I popolari, stando a quanto si apprende, hanno proposto di applicare la rotazione dopo 2 anni e mezzo, come già avviene per il Parlamento Ue, anche per la presidenza del Consiglio europeo. In questo modo i primi due anni e mezzo andrebbero a un socialista, gli altri due anni e mezzo a un nome scelto dai popolari. Sono seguite riunioni febbrili dei vari gruppi, tanto che la cena informale è iniziata con oltre due ore di ritardo, con trattative serrate che alla fine, secondo quanto trapela, non hanno cambiato più di tanto le carte in tavola con il bis di Ursula che appare come l’unica opzione sul tavolo.

Come appare scontato il fatto che riconfermando von der Leyen, nulla cambierà neanche nella linea politica di Bruxelles che continuerà sul solco degli ultimi anni, ossia puntando sul Green Deal, sul sostegno a oltranza all’Ucraina e sul contenimento della Cina.