Il punto focale l’ha toccato, in conferenza stampa due giorni fa al Senato, la dottoressa Lorita Tinelli, fondatrice del Centro Studi Abusi Psicologici (Cesap) e consulente dell’Aivs (Associazione Italiana Vittime Sette): “il fenomeno settario è – ahinoi – sottostimato anche dalle istituzioni, non so se per ignoranza (intesa come non conoscenza), oppure per disinteresse oppure ancora per interessi diversi e commistioni varie”. Perché, al di là di sporadiche notizie di cronaca che ogni tanto popolano i giornali, raramente si sente parlare di sette e santoni, nonostante il fenomeno sia in ascesa e nonostante i tanti abusi che vengono commessi all’interno di queste associazioni. Basti questo: stando alle ultime stime del Codacons, una delle principali associazioni a tutela dei consumatori, almeno 13 milioni di nostri connazionali si rivolgono a maghi e santoni. In pratica un italiano su quattro.
Abusi di ogni tipo – E non parliamo solo dei pur pericolosi cartomanti. Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, ci sono associazioni, guru, santoni, comunità che spingono gli adepti a spogliarsi interamente del proprio “io”, con tutte le conseguenze (e gli abusi) del caso. Psicologici, economici e sessuali. Le testimonianze sono inverosimili. Raffaella ha vissuto per 23 anni all’interno di Damanhur, una comunità attiva nel torinese che esercitava, racconta, “il controllo sulla vita sociale, politica, emozionale, sentimentale e sessuale delle persone, attraverso regole, verifiche, una fitta rete di delatori e adeguate ‘punizioni’ ai trasgressori”. Il tutto condito da “una reinterpretazione della realtà”. Basti questo: in Damanhur esiste un proprio inno, una propria moneta (il Credito), una propria costituzione, un proprio giornale ufficiale. Addirittura gli adepti vengono ribattezzati, con nomi di piante e animali. Il guru, ora morto, si faceva chiamare “Il Falco”, mentre uno degli esponenti più in luce, addirittura ex sindaco di Vidracco (il Comune in provincia di Torino col più alto numero in percentuale di adepti) e oggi assessore, Silvio Palombo, per Damanhur è Stambecco Pesco. Come la loro portavoce, Formica Coriandolo. Un mondo incantato dietro il quale, però, a detta di Raffaella si nascondeva altro: “Oggi, undici anni dopo che me ne sono andata, so che tantissime altre persone, pur vivendo infelici e miseramente, non sono riuscite a lasciare quella realtà perché non hanno un lavoro, indipendenza economica, una casa”. Quando Raffaella lascia Damanhur ha qualcosa come 23 anni di lavoro nero alle spalle: “avevo vissuto grossi lutti familiari, avevo lasciato qualcosa come l’equivalente di 400mila euro al gruppo e al leader del gruppo ed ero distrutta psicologicamente, fisicamente ed emotivamente”.
Ma Raffaella non è l’unica. Grazia è una ex Testimone di Geova. Aveva bisogno di un intervento urgente ma all’interno della Congregazione è vietata la trasfusione di sangue, per lei vitale. Dinanzi alla morte, Grazia decide di procedere con la trasfusione. “Nel giro di pochi mesi – racconta a La Notizia – mi hanno cacciato dalla Congregazione, ma il peggio doveva ancora venire”. Già, perché le tre figlie, tutte vicine al mondo dei Testimoni di Geova, sono andate via di casa e hanno trovato “riparo” in casa di un testimone. “Non mi hanno mai perdonato la trasfusione, per loro ho commesso un peccato capitale: sono mesi che non le rivedo”. Esattamente dal 27 ottobre dello scorso anno, quando decisero di andar via di casa. “Le hanno manipolate con la storia che chi si sottopone a trasfusione è un infedele. Ho dovuto scegliere tra la vita e la morte e ho perso le mie figlie”, dice sconsolata Grazia. “Ho provato a rivederle – ci racconta ancora – a febbraio: la mia seconda figlia, che ha problemi di salute, doveva sottoporsi a una visita. Ma l’anziano che le ospita si è scaraventato contro me e mio marito, aggredendoci”.
Silenzio omertoso – La domanda nasce spontanea: dinanzi a tali dinamiche, lo Stato cosa fa? Di fatto molto poco. Perché se da una parte non esiste, ad oggi, nel nostro codice penale il reato di manipolazione mentale, nonostante anche una Raccomandazione del Consiglio d’Europa (la numero 1412 del 1999) con la quale si intese sollecitare gli Stati membri a un’efficace azione di vigilanza e di informazione preventiva sui gruppi a carattere religioso, esoterico o spirituale; dall’altra è sempre più forte il pressing di diverse organizzazioni per accreditarsi presso le istituzioni con l’occhio rivolto alla ricca torta dell’8×1000. Non è un caso che da quest’anno all’associazione della Soka Gakkai (che molti accostano al Buddismo, ma al cui interno in passato tanti hanno denunciato una forte mancanza di libertà e un fine meramente “politico” – come emerge limpidamente dal libro-inchiesta Occulto Italia -, ma che ovviamente l’associazione nega) è stata concesso di entrare nel fantastico mondo dell’8×1000, appunto. “Una scelta bizzarra quanto opinabile, che riteniamo decisamente motivata dalle vecchie logiche del voto di scambio”, dice Toni Occhiello, presidente dell’Aivs e che ben conosce la realtà della Soka essendo un ex fedele.
Il dubbio cresce se si considera che tra coloro che godono dell’8×1000 già c’è l’Unione Buddista. Perché allora accreditare anche la Soka? Domande senza risposta. Ma la cosa non deve stupire. Perché, come ci dice ancora la Tinelli, “sicuramente altre organizzazioni proveranno a ricevere riconoscimenti e ad accreditarsi per l’8×1000, come già fatto in passato anche con incontri tenuti alla Camera”. Il punto è che, conclude la dottoressa Tinelli, “manca una valutazione attenta dello Stato, che non ascolta esperienze e testimonianze di chi ha vissuto abusi all’interno di queste organizzazioni”.
Tw: @CarmineGazzanni